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Provincia di PARMA

Capoluogo: Parma

Scheda

 
Stemma della provincia Parma
   

Provincia di Parma - Statistiche

Territorio. Seconda nella regione per estensione, è costituita da 47 comuni, in gran parte distribuiti nelle zone collinare e montuosa, in cui scorrono numerosi corsi d'acqua, che l'hanno segnata con valli parallele, quasi perpendicolari alla principale catena dell'Appennino. Occupa una parte della pianura padana, che ne costituisce meno di un terzo, ed è separata nettamente: a meridione, dalle province liguri di Genova e La Spezia e da quella toscana di Massa Carrara; a oriente, dalla provincia di Reggio nell'Emilia; a nord, da quelle lombarde di Mantova e Cremona; il confine occidentale è con la provincia di Piacenza. Il limite meridionale è dato dal crinale appenninico, mentre a est e a sud i confini sono identificati nell'intero corso del fiume Enza e in quello del fiume Po; a ovest il confine della parte più elevata corrisponde allo spartiacque tra i bacini dei fiumi Ceno e Nure, mentre nella zona in pianura corre lungo la riva destra del torrente Arda, di cui segue il corso nel tratto terminale. Nella zona dell'alto Appennino si trovano numerose formazioni arenacee del macigno, soprattutto a est della valle del fiume Taro; la zona a metà strada fra la montagna e l'alta collina è in gran parte formata da rocce argillose, per lo più argille scagliose, cui si alternano placche calcareo-marnose (denominate: flysch), che si trovano anche nella sezione occidentale dell'asse appenninico (a ovest del Taro), dove comprendono spesso anche masse di rocce verdi (definite: ofioliti), che conferiscono al paesaggio un'immagine decisa di asprezza. Dal basso Appennino, che digrada dolcemente nella pianura alluvionale, si trovano terreni argillosi e marnosi; le forme arrotondate sono di tanto in tanto interrotte da fenomeni erosivi, che, soprattutto nella zona delle argille scagliose, si identifica in solchi paralleli a ventaglio (denominati: calanchi). Massima emergenza montuosa della catena principale dell'Appennino è il monte Sillara, che si trova a un'altitudine di 1.861 metri. Il clima della pianura è di tipo continentale, con elevate escursioni termiche annue. Man mano che ci si inoltra nell'Appennino le escursioni termiche si riducono: al di sopra dei 500 metri non superano mai i 20° C. Il ristagno dell'aria fredda alle quote più basse durante la stagione invernale determina il fenomeno delle persistenti nebbie; notevoli sono i fenomeni di inversione della temperatura nelle valli. Le stagioni a maggiore concentrazione pluvica sono la primavera e l'autunno (in prevalenza quest'ultima); soprattutto nello spartiacque appenninico si hanno le piogge più rilevanti. Anche in pianura si verificano spesso nevicate e la permanenza della neve al suolo è notevole (con una media di più di 20 giorni l'anno nel capoluogo); nella zona più alta dell'Appennino si può avere un suolo coperto di neve da dicembre ad aprile. Il sistema idrografico della provincia è dato dal Taro, che nasce nell'estrema zona sud-occidentale della provincia, nell'area di crinale che culmina nel monte Penna (con i suoi 1.735 metri), il cui regime irregolare presenta un massimo autunnale e uno primaverile, al pari delle piogge; il suo bacino imbrifero e la sua portata media lo rendono il più importante affluente emiliano del Po, che a Fornovo di Taro riceve le acque del Ceno, suo affluente principale. Completano il quadro della dotazione idrografica della provincia i fiumi Parma e Enza: il primo ha come affluente principale il torrente Baganza; il secondo appartiene per buona parte alla provincia di Reggio nell'Emilia. La zona a più alta concentrazione di popolazione della provincia è quella della fascia territoriale che dalle zone collinari arriva all'area pianeggiante prossima al fiume Po. Addensamenti, in particolare, si hanno a Fidenza, a Salsomaggiore e a Parma e nei comuni che la circondano; il baricentro demografico della provincia si colloca a Collecchio, posto alla periferia est del capoluogo. Poco popolati, invece, risultano i comuni montani dell'Appennino tosco-emiliano. Lo stemma provinciale, partito, concesso con Regio Decreto, riporta una croce azzurra e sei gigli farnesiani, anch'essi azzurri, in campo aureo.

Comunicazioni. I tracciati autostradali che la collegano con il resto della regione sono: la A15 Parma-La Spezia; la A1 Milano-Napoli e la A21 Torino-Brescia (diramazione Fiorenzuola). Le strade statali che la servono sono: la n. 308 di Fondo Valle Taro; la n. 588 dei Due Ponti; la n. 9 via Emilia; la n. 62 della Cisa; la n. 357 di Fornovo di Taro; la n. 665 Massese; la n. 513 Val d'Enza; la n. 343 Asolana; la n. 359, che collega tra loro i comuni più occidentali della provincia, come Salsomaggiore Terme e Bardi. Le linee ferroviarie che l'attraversano sono, invece: Parma-Suzzara; Fidenza-Salsomaggiore Terme; Fidenza-Fornovo; Parma-La Spezia; San Zeno-Parma; Fidenza-Castelvetro.

Storia. Abitata fin dalla preistoria, conserva numerose tracce della presenza umana nel paleolitico superiore e nell'età del bronzo. Nella seconda metà del IV secolo a.C. parte del territorio fu occupata dalle tribù celtiche; la zona appenninica rimase, fino al II secolo a.C., in possesso delle tribù liguri. La sconfitta dei galli nel 191 a.C. e la costruzione della via Emilia nel 187 a.C. determinarono l'inizio della dominazione romana: la pianura fu divisa con il criterio della centuriazione e fu dato ampio impulso all'agricoltura e all'allevamento. Di tale florido periodo rimangono diverse testimonianze non solo a Parma e a Faenza ma anche nei piccoli comuni, come la villa rustica a Felino o i ponti romani a Corniglio e Santa Maria del Taro. In posizione strategica per l'incrocio di diverse direttrici stradali, raggiunge la sua massima espansione nel periodo imperiale. Caduta la potenza romana, subisce le invasioni barbariche e la guerra tra goti e bizantini. Possedimento di questi ultimi tra il 553 e il 568, passa ai longobardi divenendo ducato. Dai primi del 600 sul suo territorio vengono eretti ostelli per pellegrini e viandanti (come quello creato nel 712 dal re longobardo Liutprando a Berceto). Nel 774 passa ai franchi. Segue fino al IX secolo un periodo di devastazioni e cataclismi naturali, che ne renderanno il territorio incolto e invaso dalle acque. Solamente l'opera dei benedettini permetterà l'attuarsi delle bonifiche e il recupero delle terre per l'agricoltura. Nella lotta per le investiture Parma si schiera dalla parte imperiale portando due antipapi: Onofrio II e Clemente III. La sua posizione lungo le principali arterie commerciali e lungo la via Francigena contribuisce alla sua rifioritura, rendendola un punto nevralgico. Ai contrasti con Reggio, Piacenza e Cremona, accentuatisi dopo la pace di Costanza, si aggiungono anche i contrasti interni tra le due fazioni, la guelfa (formata dalla famiglie filopapali dei Sancitale, dei Rossi e dei Lupi) e la ghibellina; lo scontro finale nel 1248 vedrà la sconfitta dell'imperatore Federico II. Segue un periodo difficile di crisi economica e sociale: la peste del 1347 segnerà il momento più drammatico. Passa, quindi, di mano in mano: nel 1341 è dei Visconti, nel 1420 di Filippo Maria e, dopo la parentesi del principato dei Terzi, degli Sforza (1440-1500). Anche se priva di un potere stabile, fa rilevare una costante ripresa sia culturale e artistica che economica (con un forte impulso all'agricoltura). I suoi territori, divisi nei possedimenti delle varie famiglie, costituiscono quasi altrettanti stati a sé ma la continuità del dominio feudale contribuisce a stabilizzare e rafforzare l'economia locale. Tra il XV e il XVI secolo è al centro di conflitti europei (importante è la battaglia di Fornovo tra Carlo VIII e l'esercito della Lega italiana con a capo Francesco Gonzaga, nel luglio del 1495) e nel 1500 passa ai francesi, quindi alla Chiesa. Papa Paolo III nel 1545, per creare uno stato cuscinetto tra la Chiesa e il potere spagnolo, creerà il ducato di Parma e Piacenza alla cui direzione metterà il figlio Pier Luigi Farnese. I Farnese, anche se con lotte, terranno i territori per due secoli, allargando anche alle zone limitrofe la loro influenza. Estintasi la famiglia con la morte di Antonio nel 1731, inizia una fase di declino. Il ducato passa a Carlo di Spagna, figlio di Elisabetta Farnese e Filippo V, che, insediatosi dopo il 1734 a Napoli, trasferirà nella reggia partenopea tutti i tesori artistici delle residenze ducali di Parma, Colorno e Sala Baganza. Dopo la pace di Aquisgrana nel 1748 Filippo, fratello di Carlo I, diviene duca di Parma, Piacenza e Guastalla. Sotto l'influenza francese il ducato riceve spinte riformiste e innovatrici dal punto di vista amministrativo e si arricchisce di opere d'arte, istituzioni (come la biblioteca palatina e il Museo archeologico) e strutture urbane. Con il periodo napoleonico (1802-1814) si costituisce il nuovo Dipartimento del Taro. Il Congresso di Vienna del 1815 assegna il ducato a Maria Luigia d'Austria (seconda moglie di Napoleone), che governa dal 1816 al 1847 con una politica di riforme urbanistiche, amministrative e istituzionali. Morta costei, torna ai Borbone, l'ultimo dei quali, Carlo III, muore assassinato nel 1854, lasciando al suo posto sua moglie Maria Luisa di Berry. Il 15 settembre 1859 viene dichiarata decaduta la dinastia borbonica e i territori passano a Carlo Farini come le altre province dell'Emilia. Nel 1860 è annessa al Piemonte e quindi al Regno d'Italia. Dopo un primo momento di difficoltà dovuto alla sua perdita di importanza non essendo più uno stato, le forze sociali riprendono energia e nel 1893 nasce la Camera del lavoro. Nel quartiere dell'Oltretorrente di Parma dal 1 al 6 agosto 1922 si svolge il primo episodio della Resistenza italiana: la popolazione riesce a respingere le truppe fasciste dirette da Italo Balbo. La seconda guerra mondiale provocherà ingenti danni con i bombardamenti e il territorio sarà teatro di numerosi scontri soprattutto tra le alte valli del Taro e del Ceno, che porteranno anche alla formazione di alcune zone libere tenute dai partigiani fino al 25 aprile 1945. Negli anni successivi al secondo conflitto mondiale si è assistito a un fenomeno migratorio notevole (che via via è andato attenuandosi, per le migliorate condizioni economiche della provincia), in grado di assorbire gran parte della manodopera eccedente nel settore primario. Nel decennio 1951-1961 si è registrata una lieve flessione demografica, rientrata già nel decennio successivo, quando, però, dalle zone appenniniche a economia prevalentemente agricolo-pastorale continuarono i movimenti migratori verso i comuni più industrializzati della pianura.

Struttura socio-economica. In una graduatoria nazionale che analizzi il reddito disponibile procapite, la provincia di Parma è terza fra le province emiliane, preceduta solo da quelle di Bologna e di Modena. Superiore alla media nazionale risulta il peso dei redditi provenienti da capitale-impresa sulle entrate complessive: a mantenere alta tale incidenza contribuiscono i consistenti redditi societari e i fitti figurativi ed effettivi che derivano da un consistente patrimonio immobiliare. Il flusso turistico che caratterizza la città d'arte di Parma e le terme di Salsomaggiore ha un effetto positivo sull'economia provinciale e si riflette anche su una propensione alla spesa non alimentare e su consumi finali procapite interni alla provincia, che risultano leggermente più alti della media regionale. A un'analisi delle abitazioni occupate per abitante, che tenga conto dei metri quadrati disponibili come del numero di stanze, lo scenario risulta migliore di quello complessivo della regione, mentre la provincia si allinea alla media regionale per la diffusione delle autovetture circolanti ogni mille abitanti. Confrontando l'indice sintetico della qualità della vita delle province italiane, quella di Parma occupa la sesta posizione nella graduatoria, preceduta, a livello regionale, soltanto da quelle di Bologna e di Forlì-Cesena. L'ottima redditività procapite, una bassa propensione verso i consumi alimentari (indicativi della tendenza a soddisfare i bisogni di prima necessità), una buona dotazione di infrastrutture sociali e un consistente tasso di occupazione contribuiscono a porre la provincia su questa collocazione privilegiata. A una buona dotazione di infrastrutture per la collettività, come ospedali, scuole, teatri, si accompagna un'intensa vita culturale, favorita anche dal felice connubio tra il territorio e l'università di Parma. In merito alle questioni ambientali il Po pone alcune difficoltà non trascurabili, soprattutto nel delta, legate all'inquinamento fluviale ma rientranti in un contesto più ampio, che riguarda tutta la Pianura padana. La forte sensibilità nei confronti dell'informazione, attestata dall'elevata diffusione della stampa periodica, si inserisce in un contesto sociale sicuramente dinamico e attento ai cambiamenti. Il rapporto tra lavoratori dipendenti e lavoratori indipendenti ha valori posti a metà strada tra la realtà regionale e quella nazionale e mostra la vocazione imprenditoriale degli abitanti della provincia ma anche la significativa presenza di realtà produttive di notevoli dimensioni. Se la partecipazione delle classi giovanili (comprese tra 15 e 29 anni) all'occupazione complessiva della provincia è più bassa di quella regionale, è da rilevare che la disoccupazione presenta un tasso inferiore alla media delle province emiliane.

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