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Provincia di TORINO

Capoluogo: Torino

Scheda

 
Stemma della provincia Torino
   

Provincia di Torino - Statistiche

Territorio. Gli attuali confini seguono generalmente lo spartiacque della catena alpina, quelli occidentali, meridionali e settentrionali, mentre a oriente ripercorrono le antiche divisioni territoriali tra i Savoia e il Monferrato. L’area è morfologicamente differenziata ed è occupata per il 75 % da montagna e collina. Il clima è continentale o alpino. Il paesaggio geomorfologico è il risultato di profonde modificazioni strutturali determinate da fattori esogeni. Prima dell’era cenozoica, l’area pianeggiante faceva parte di un bacino marittimo con un caratteristico fondale sedimentario; solo successivamente, con il ciclo orogenetico che portò alla formazione della catena alpina, il suolo si innalzò, con il progressivo formarsi della pianura padana. Si vennero a formare i solchi delle valli, che brevi corsi fluviali attraversavano portando con sé il detrito roccioso che sedimentava nei bacini marini superstiti, ai lati della catena alpina. Una minore formazione orogenetica più tardiva portò al formarsi della zona collinare, in parte caratterizzata da una fase di rapido e giovanile modellamento erosivo. Sulla piana emersa si allargavano a ventaglio i primitivi fiumi alpini che andavano via via accumulando un unico e ampio conoide con l’unghia a ridosso della collina e l’apice allo sbocco delle valli. Con il pleistocene si alternarono quattro grandi glaciazioni; i ghiacci giunsero a lambire la zona da Rivoli a Ivrea, formandone gli anfiteatri morenici. Le valli del comprensorio portano ancora i segni dell’erosione degli antichi ghiacciai, oggi ridotti solo all’alta montagna. I tratti alpini che interessano la zona sono quelli delle Cozie e Graie. Tutta la provincia è ricca di acque, sia di falda che di fusione; i suoi fiumi, tutti affluenti del Po, sono, da nord: Dora Baltea, Orco, Stura di Lanzo, Dora Riparia, Sangone e Chisone. Le risorse minerarie sono considerevoli ma poco sfruttate: in specie minerali di ferro e di rame ma non trascurabili sono anche i giacimenti auriferi. Fino a un recente passato, la capillare urbanizzazione ha portato a un intenso sfruttamento delle risorse agricole, boschive e di allevamento, che ha determinato la complessa disposizione di centri abitati di ridottissime dimensioni su tutto il territorio. Il numero dei comuni della provincia, ben 315, è, infatti, il più alto d’Italia. L’indice di vecchiaia è di poco superiore alla media nazionale. Lo stemma della Provincia di Torino è stato concesso dal Capo del Governo il 20 maggio 1930, con decreto conservato in originale nella Biblioteca provinciale. Tale atto riconosce alla Provincia di Torino il diritto di usare lo stemma del Principe Ereditario d’Italia e Principe di Piemonte “di rosso alla croce d’argento, caricata in capo di un lambello di tre pendenti d’azzurro”.

Comunicazioni. La rete viaria, pur provata dal traffico sempre crescente, è ramificata e soddisfacente. Il nodo privilegiato è il capoluogo, ove si raccolgono tutte le vie di accesso alla provincia. Le autostrade presenti sono: A4 Torino-Trieste, A4/5 Ivrea-Santhià, A5 Torino-Aosta, A6 Torino-Savona, A21 Torino-Brescia, A32 Torino-Bardonecchia (via per la Francia attraverso il traforo del Frejus). Tutte le autostrade si collegano alla E70 Strada Tangenziale di Torino che costeggia il confine occidentale della città. Le strade statali, il cui tracciato spesso ripercorre quello delle antiche vie di comunicazione realizzate dai romani, sono numerose e, oltre a doppiare le autostrade, collegano i maggiori comuni, serviti anche da strade provinciali e comunali. Queste le strade statali presenti sul territorio: n. 10 Padana Inferiore, n. 11 Padana Superiore, n. 20 del Colle di Tenda e di Valle Roja, n. 23 del Colle di Sestriere, n. 24 del Monginevro, n. 25 del Moncenisio, n. 26 della Valle d’Aosta, n. 29 del Colle di Cadibona, n. 31 bis del Monferrato, n. 228 del Lago di Viverone, n. 335 di Bardonecchia, n. 393 di Villastellone, n. 419 della Serra, n. 458 di Casalborgone, n. 460 di Ceresole, n. 565 di Castellamonte, n. 589 dei Laghi di Avigliana, n. 590 della Valle Cerrina, n. 593 di Borgo d’Ale, n. 595 di Mazzè, n. 661 delle Langhe, n. 663 di Saluzzo. Il nodo ferroviario torinese è importante per il traffico diretto in Francia e per il trasferimento di merci delle aree industriali. La ferrovia statale offre limitati collegamenti ai centri maggiori; quella privata, raggiungendo comuni di dimensioni più modeste, la completa, costituendo così, complessivamente, una rete ferroviaria più adeguata alle esigenze del territorio. È in via di realizzazione la metropolitana di Torino, unica in Piemonte. In una limitata area di Torino è presente anche un servizio di trasporto fluviale. I collegamenti aerei sono assicurati dall’aeroporto “Sandro Pertini”, che per la precisione ricade nel comune di Caselle Torinese (e quindi è noto come Torino/Caselle), dall’aeroporto di Cuneo/Levaldigi e da quello intercontinentale di Milano/Malpensa; quelli marittimi dai porti di Genova e Savona, in Liguria.

Storia. I primi insediamenti, testimoniati dagli interessanti resti palafitticoli nell’area di Avigliana, risalgono al neolitico. Le prime tribù celtiche, invece, vi si stabilirono attorno al 1000 a.C. Il territorio venne diviso tra le varie etnie: a nord gli Insubri, nel Canavese i Salassi, nella zona di Torino i Taurini, nel sud i Langates e gli Statelli. Le invasioni galliche del IV secolo a.C. diedero maggior uniformità ai popoli della regione e una coesione mai conosciuta prima. La prima fase della venuta delle genti latine è contraddistinta da accordi politici, commerciali e militari mentre la seconda è segnata da eccidi di massa, dei Salassi in particolar modo. Si arrivò, quindi, alla romanizzazione dell’intera area e alla cosiddetta Pax Romana. Roma sembrò privilegiare l’insediamento rurale: le terre confiscate alle popolazioni vinte erano state assegnate a veterani e coloni centroitalici con il trasferimento irrevocabile dei diritti di proprietà e con il sistema della centuriazione. Ciò aveva comportato, nelle zone pianeggianti, una modificazione radicale del paesaggio agrario mediante una trama di centuriazioni di cui ancor oggi esistono tracce (Pollenzo, Tortona, Chieri, Ivrea, Torino, ecc.), la razionalizzazione del sistema di colture e, piú in generale, quella dello sfruttamento delle risorse. Al contrario, nelle zone collinari si era conservata l’ormai consolidata tradizione di un’economia basata sul pascolo e sul taglio boschivo, vitale per l’elemento indigeno non inurbato. Nella suddivisione amministrativa augustea dell’Italia, Augusta Taurinorum faceva parte della XI Regio Transpadana, separata dalla IX Regio Liguria dal fiume Po. La Pax Romana durò fino al IV secolo d.C., dopo di che Burgundi, Goti e Bizantini si contesero la regione. Nel 568, dopo l’avvento dei Longobardi, la provincia venne divisa in due marche: Torino e Ivrea. Nel 773 i Franchi, guidati da Carlo Magno, attraversano il confine segnato da Susa e invadono i territori longobardi, conquistandoli. L’ordinamento che durò fino allo sgretolarsi dell’Impero Franco, nel IX secolo, impose il dominio di Ivrea su tutta la provincia, sotto il controllo della famiglia Anscari. Nel X secolo, la zona sotto il dominio eporediese venne divisa in quattro marche: Arduinica (Torino), d’Ivrea (ridotta), Obertenga ed Aleramica. Dopo la morte dell’ultimo re italico, Arduino d’Ivrea, nel 1050, la famiglia dei Savoia acquisì importanza poiché aveva il controllo dei passi alpini, sulle principali vie di comunicazione. I vescovi fecero sentire la loro influenza sulle città, prima fra tutte Torino, fino a quando si formarono i Comuni. Nel XIV secolo le città caddero sotto il controllo dei conti di Savoia (valli di Lanzo, Susa, Ivrea e parte del Canavese), ad esclusione della parte meridionale della provincia con Torino, appartenente alla famiglia dei principi d’Acaia (Pinerolese e parte del Canavese). Da questo momento in poi le sorti della provincia si confondono con quelle dello Stato sabaudo. Tra il XV e il XVI secolo il potere dei Savoia si estende sempre più ma subisce anche occupazioni da parte delle grandi potenze, confinanti e non, fino a quando nel 1559, con il trattato di Cateau Cambrésis, Emanuele Filiberto otterrà uno spazio di rilievo nella politica europea e il riconoscimento dei confini da parte degli altri Paesi. Sul finire del secolo XVIII il ciclone napoleonico portò una vera e propria ventata di novità. Le vicende successive furono quelle della Restaurazione e quindi del Risorgimento, con conseguente elevazione di Torino a capitale d’Italia. Con il trasferimento della capitale a Firenze, nel 1864, si ebbe una fase di arresto nel progresso della provincia e persino una grave recessione; solo con l’avvento di Giolitti, agli inizi del ‘900, iniziò la ripresa.

Struttura socio-economica. Già massicciamente industrializzata sin dall’inizio del secolo scorso, la provincia di Torino ha mantenuto tale orientamento produttivo fino ai nostri giorni; il comparto principale è quello automobilistico, detenendo ben l’80% della produzione italiana. La restante parte delle maggiori industrie (siderurgiche, metallurgiche e meccaniche) sono sussidiarie a quella dell’automobile. Un piano di minor prestigio è occupato da quelle della gomma, delle materie plastiche, del tessile, della carta, del vetro, dell’abbigliamento, della grafica ed editoria, della trasformazione dei prodotti agricoli e dolciaria. L’area a maggiore concentrazione industriale è quella del capoluogo; nel 1973 si formarono i poli di Ivrea (con le sue famose industrie di meccanica ed elettronica, oggi in forte declino, di tessuti e prodotti chimici) e di Pinerolo (industrie meccaniche, tessili e conciarie). Da segnalare anche quelle: siderurgiche, presso Susa e Chivasso, dei cuscinetti a sfera, a Villar Perosa, tessili, presso Coazze e Venaria Reale. Alcune cartiere sono poste nelle vallate o al loro sbocco. Anche se per un lungo periodo si è vissuto un intenso spopolamento delle zone montane in favore del capoluogo, l’agricoltura è fortemente sviluppata; le principali risorse sono rappresentate dalle colture di cereali e foraggio e dagli allevamenti di bovini. Il turismo è legato alle attività alpine; le strutture sciistiche sono presenti soprattutto in Val di Susa con il comprensorio della Vialattea, uno dei più importanti a livello europeo (sede delle olimpiadi invernali del 2006). Hanno sede in provincia uno dei maggiori quotidiani italiani nonché un paio a diffusione locale.

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