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Provincia di RIETI

Capoluogo: Rieti

Scheda

 
Stemma della provincia Rieti
   

Provincia di Rieti - Ambiti

DEFINIZIONE L'antica capitale dei sabini, REATE, ovvero l'attuale capoluogo provinciale, oltre a essere l'“ombelico d'Italia”, rappresenta anche il cuore economico-produttivo della circoscrizione, posta com'è al centro di essa. La sua vasta conca, infatti, ospita un polo produttivo primario, i cui dinamici comparti assorbono una buona percentuale della manodopera provinciale: tra i più importanti vanno menzionati quelli elettronico, delle telecomunicazioni, agro-alimentare, chimico e tessile. Meno forte, per alcuni aspetti, è stata l'attrazione storico-culturale operata dal capoluogo sul resto della provincia; le diverse e frammentate vicende storiche di cui è stato testimone questo territorio -una buona fetta del quale fu sempre parte integrante del regno del Sud- hanno esteso la loro influenza, infatti, fino alla costituzione della provincia (1927). Attorno al capoluogo si situano tre ambiti sub-provinciali abbastanza omoge nei tra loro per quanto concerne le caratteristiche ambientali e socio-economiche: a ovest e a sud la Sabina vera e propria; a sud-est la valle del Turano e il Salto Cicolano; a nord e a est la parte più montuosa della provincia, che comprende i monti Sibillini, della Laga e Reatini.

Sabina: Belmonte Sabino, Cantalupo in Sabina, Casaprota, Casperia, Castelnuovo di Farfa, Colle di Tora, Collevecchio, Configni, Contigliano, Cottanello, Fara in Sabina, Forano, Frasso Sabino, Greccio, Magliano Sabina, Mompeo, Montasola, Montebuono, Monteleone Sabino, Montenero Sabino, Monte San Giovanni in Sabina, Montopoli di Sabina, Orvinio, Poggio Catino, Poggio Mirteto, Poggio Moiano, Poggio Nativo, Poggio San Lorenzo, Pozzaglia Sabina, Roccantica, Rocca Sinibalda, Salisano, Scandriglia, Selci, Stimigliano, Tarano, Toffia, Torricella in Sabina, Torri in Sabina, Turania, Vacone.

Valle del Turano e Salto Cicolano: Ascrea, Borgorose, Castel di Tora, Collalto Sabino, Collegiove, Concerviano, Fiamignano, Longone Sabino, Marcetelli, Nespolo, Paganico Sabino, Pescorocchiano, Petrella Salto, Varco Sabino.

Monti Sibillini, della Laga e Reatini: Accumoli, Amatrice, Antrodoco, Borbona, Borgo Velino, Cantalice, Castel Sant'Angelo, Cittaducale, Cittareale, Colli sul Velino, Labro, Leonessa, Micigliano, Morro Reatino, Poggio Bustone, Posta, Rivodutri.

SABINA

Territorio. Rappresenta il cuore della provincia e la sua memoria storica ed è grossomodo diviso in due parti: la pianura e la zona basso-collinare, fittamente coltivata e percorsa dal fiume Tevere (bassa Sabina), e la fascia dei monti Sabini, di natura prevalentemente calcarea (alta Sabina). Le massime elevazioni della catena sono raggiunte dai monti Tancia (1.292 m) e Pizzuto (1.288 m); i versanti rivolti a oriente di tali rilievi sono il regno del leccio mentre su quelli occidentali predomina una tipica vegetazione appenninica di querce, ornielli, carpini, aceri e cerri; in alcune oasi sopravvivono rarissimi esemplari di pino di Aleppo mentre un'ombrosa e fitta faggeta ricopre la splendida Valle Gemini, che si apre tra le cime dei monti Pizzuto e Tancia. Le estreme propaggini meridionali dei monti Sabini, ossia i monti Lucretili, oltre a possedere la cima più elevata del comprensorio, il monte Pellecchia (1.368 m), sono oggetto di studio da parte dei botanici per la loro interessante vegetazione: questa, infatti, è l'unica zona d'Europa in cui cresce lo storace, pianta dalla quale si ricava l'incenso. All'estremo margine occidentale del comprensorio il sinuoso corso del Tevere, lungo il quale è possibile osservare sparsi residui di macchia ripariale, segna il confine col Viterbese; lo storico fiume riceve le acque di numerosi affluenti, tra i quali il più importante è il Farfa, sulle cui rive è possibile incontrare ancora le lontre. I fitti boschi danno rifugio a cinghiali, lepri, volpi e donnole mentre la cima erta del monte Pellecchia ospita alcune coppie di aquile reali.

Comunicazioni. La statale n. 4 Salaria, che unisce Roma alla costa adriatica, è senza dubbio, per volume di traffico e importanza “storica”, la principale arteria del comprensorio. Da essa si diramano le statali n. 313 di Passo Corese (Fara in Sabina) -all'altezza dell'omonima località- e n. 314 Licinese -dal bivio per Poggio Nativo-: la prima, che si dipana con un tracciato spesso angusto e tortuoso in direzione del confine umbro, rappresenta l'unica arteria di una certa rilevanza per molti dei comuni più occidentali della Sabina; la seconda guida, invece, verso Orvinio, comune del Parco naturale regionale Monti Lucretili. Per un brevissimo tratto, in prossimità di Magliano Sabina, il territorio è solcato dalla statale n. 3 Flaminia e dall'autostrada A1 del Sole (Milano-Roma-Napoli). Un'unica linea ferroviaria, la Roma-Firenze-Bologna, di rilievo nazionale, interessa questa porzione della provincia.

Storia. Deve il nome all'antico popolo italico dei sabini, definitivamente assoggettati da Roma tra il 290 e il 241 a. C.; di origini sabine furono i primi re di Roma -escluso Romolo- Numa Pompilio, Tullo Ostilio e Anco Marzio. Anche durante le fasi successive della storia romana molte nobili famiglie di origini sabine guidarono le sorti dello stato, come nel caso degli imperatori della GENS FLAVIA (Vespasiano, Tito, Domiziano) e di quelli della GENS CLAUDIA, imparentatisi con la GENS JULIA (Tiberio, Caligola, Claudio, Nerone). In seguito alle conquiste longobarde del VII e VIII secolo una parte del territorio venne annessa al ducato di Spoleto e in seguito al regno del Sud (Sabina ducale) mentre la parte rimanente di esso venne inglobata nel DUCATUS ROMANUS e, in seguito, nel Patrimonio della Chiesa (Sabina suburbicaria). Gran parte della storia medievale della Sabina suburbicaria coincise con quella della potente abbazia imperiale di Farfa, “longa manus” degli imperatori in territorio papale, allo strapotere della quale i pontefici risposero con la fondazione dell'abbazia di Santa Maria in Vescovio, l'ECCLESIA CATHEDRALIS SABINORUM. Il declino di Farfa iniziò con il Concordato di Worms (1122) che, risolvendo l'annosa disputa per le investiture tra il papa e l'imperatore, ricondusse l'abbazia e i suoi domini sotto il controllo pontificio; tuttavia intorno alla metà del secolo XIII l'abbazia possedeva ancora decine di castelli. L'indebolimento dell'autorità pontificia, protrattosi per lungo tempo e culminato con la “cattività avignonese” (1309-1377), favorì le conquiste territoriali degli Orsini, dei Savelli e dei Sant'Eustachio. Dal XV secolo in poi, tuttavia, la politica di riconquista dei papi fu sempre più energica e definitiva; nel 1605 la Sabina suburbicaria venne costituita ufficialmente in provincia da papa Paolo V e da quel momento, fino alla costituzione del regno d'Italia e all'entrata delle truppe italiane in Roma (1870), seguì le sorti dello Stato della Chiesa.

Struttura socio-economica. L'economia del luogo è legata alle antiche tradizioni rurali e pastorali: la morfologia del terreno e la mitezza del clima favoriscono oltremodo l'olivicoltura -dalla quale si ricava un giustamente rinomato olio extra-vergine di oliva- e, in misura minore e meno prestigiosa, la viticoltura; le attività pastorali permettono la produzione di ottimi formaggi pecorini e vaccini. In molti comuni ancora oggi sono fiorenti le attività artigianali; tra le più importanti sono comprese quelle della produzione della carta, del ferro battuto e della ceramica. In assenza di un settore secondario sviluppato, è sulle attività del terziario che si sono riversate le energie della popolazione e degli amministratori negli ultimi decenni: un certo sviluppo, che fa ben sperare per il futuro, ha conosciuto il comparto del turismo, sul quale un crescente numero di comuni sta scommettendo per il futuro.

VALLE DEL TURANO E SALTO CICOLANO

Territorio. Montuoso e verdissimo, è racchiuso tra il fiume Velino a settentrione, il fiume Turano a occidente e i monti del Cicolano e della Duchessa a oriente e comprende, nella porzione centrale, il bacino del fiume Salto. Il corso del Salto e del Turano è interrotto da due dighe, realizzate negli anni Trenta del Novecento, che hanno dato origine agli omonimi bacini artificiali, collegati tra loro da una galleria sotterranea. Le vallate scavate dalle acque del Turano e del Salto sono separate tra loro dalle vette dei monti Navegna (1.509 m) e Cervia (1.438 m), caratterizzati da versanti asimmetrici, ripidi e scoscesi quelli occidentali, più morbidi e ondulati quelli orientali. I monti del Cicolano, racchiusi tra i bacini dei fiumi Salto e Velino, sfiorano i 1.900 metri di quota con le vette del monte Giano (1.820 m), del Nuria (1.888 m) e del Nurietta (1.884); sui loro altipiani solitari e selvaggi si distendono i due suggestivi laghi di Cornino e Rascino. I monti della Duchessa, propaggine laziale del massiccio del Velino, svettano oltre quota duemila metri con le cime del Muro Lungo (2.184 m) e del Morrone (2.141 m); furono sede di estesi ghiacciai in epoca wurmiana, di cui rimangono evidenti tracce nei numerosi depositi morenici, nei circhi glaciali e nelle numerose valli a U.

Comunicazioni. La parte più settentrionale del comprensorio è solcata per breve tratto dalla statale n. 4 Salaria, arteria di primaria importanza turistica e commerciale, e dalla linea ferroviaria non elettrificata Terni-Rieti-L'Aquila-Sulmona. Il tracciato viario fondamentale per questa parte della provincia, tuttavia, rimane quello della statale n. 578 Salto Cicolana che, diramandosi dalla n. 5 Tiburtina Valeria, all'altezza della località di Cappelle, nel comune di Magliano dei Marsi (AQ), in Abruzzo, si snoda parallela al corso del fiume Salto in direzione di Rieti. L'estremità meridionale del territorio è attraversata, inoltre, dall'autostrada Roma-Teramo (A24), alla quale si accede tramite il casello della Valle del Salto.

Storia. Il rinvenimento di reperti umani risalenti al 3.500-3.000 a. C. testimonia l'antichità del popolamento della zona. In epoca preromana la valle del Turano fu abitata dai sabini, ai quali si deve la fondazione di THIORA (nel territorio dell'odierna Castel di Tora), mentre la valle del Salto fu dimora degli equicoli, assoggettati a Roma nel 304 a. C.; il centro più importante di questo secondo popolo sembra essere stato NERSAE (nell'odierno comune di Pescorocchiano). Dopo l'invasione longobarda il territorio fu inglobato nel ducato di Spoleto; notevole influenza politica ebbe, successivamente, l'abbazia di San Salvatore Maggiore, fondata nell'VIII secolo e protetta dagli imperatori carolingi. Nel secolo X i conti dei Marsi costruirono alcuni castelli lungo il fiume Salto ma meno di due secoli dopo la zona fu conquistata dal normanno Ruggero II, re di Sicilia. Il XIII e il XIV secolo videro l'ascesa dei conti Mareri che, benché avessero giurato fedeltà a Carlo d'Angiò, re di Napoli e Sicilia, appoggiarono lo sfortunato tentativo di riconquista delle terre sveve da parte di Corradino, figlio di Corrado IV di Hohenstaufen. Tra il XV e il XVI la zona fu divisa tra diverse famiglie nobiliari (Colonna, Borghese, Orsini, Savelli, Gentili, Soderini, principi del Drago); la parte meridionale del Cicolano appartenne ai Barberini dal 1661 alla fine del Settecento, quando fu riunita al regno di Napoli. Dopo l'annessione al regno d'Italia queste terre furono a lungo in balia di bande di briganti fedeli ai Borboni.

Struttura socio-economica. L'ambiente naturale ha condizionato fortemente lo sviluppo economico del comprensorio, che ha subito un forte spopolamento negli ultimi decenni. Le attività del settore primario, seppure in forte contrazione, rappresentano ancora una significativa fonte di sostentamento per i comuni più piccoli, in modo particolare per quelli che non possiedono ancora strutture ricettive per il turismo: l'agricoltura produce cereali, patate e foraggio, l'allevamento e la pastorizia forniscono ottimi formaggi mentre lo sfruttamento degli estesi boschi offre una notevole produzione di nocciole e castagne -assai rinomate sono quelle denominate “rosse del Cicolano”- e una più limitata di tartufi. Le attività industriali si concentrano intorno a Borgorose, favorite anche dalla viabilità. Il terziario è in forte espansione: le attività turistiche si sono sviluppate attorno ai due laghi del comprensorio, dove esistono valide strutture ricettive e in cui è possibile praticare la pesca sportiva e diversi sport acquatici; gli altipiani del monte Nuria, inoltre, si prestano in inverno alla pratica dello sci di fondo.

MONTI SIBILLINI, DELLA LAGA E REATINI

Territorio. Compreso tra la conca reatina a est -occupata in epoca preistorica dal vasto lago Velino-, la valle del fiume Velino a sud e il confine umbro-marchigiano-abruzzese a nord-ovest, è prevalentemente montuoso e ospita le più alte vette della provincia. L'infilata delle vette dei Sibillini (monti Utero, Pozzoni e Boragine), tutte inferiori ai 2.000 metri, segna il confine con l'Umbria; assai più imponenti sono le cime dei monti della Laga, che svettano, col monte Gorzano, con la cima Lepri, col pizzo di Sevo e quello di Moscio, a oltre 2.400 metri di quota, sul confine marchigiano-abruzzese. Quest'ultima catena, da cui ha origine il fiume Tronto, che sfocia nel mare Adriatico, presenta due versanti assai dissimili tra loro: quello orientale è particolarmente brullo e folti boschi di cerri prosperano solo all'interno delle vallate più anguste; quello occidentale, invece, è più dolce e ricoperto di estese faggete, talvolta frammiste a castagneti e abetaie, solcate da ruscelli e cascate. Ai piedi del massiccio, nella conca di Amatrice, è situato, tra campi coltivati e querceti, il pittoresco lago artificiale di Scandarello. Estremamente suggestive da un punto di vista naturalistico e paesistico sono le gole del fiume Velino, strette, impervie e ricchissime di vegetazione (pioppi, equiseti, acacie, salici e ontani); a valle di Antrodoco il solco scavato dal fiume si allarga nell'ampia conca intermontana di San Vittorino, ricca di laghetti di origine carsica, come quello di Paterno, e di copiose sorgenti, alcune delle quali di acque sulfuree. I Monti Reatini, dai quali si eleva il Terminillo (2.216 m), l'antico MONS TETRICUS, seppure in parte danneggiati dalla speculazione edilizia e dal supersfruttamento turistico, sfoggiano ancora splendide faggete mentre negli anfratti più solitari, con un po' di fortuna, è possibile avvistare isolati esemplari di lupo appenninico.

Comunicazioni. L'accidentata morfologia di questa porzione della provincia si riflette nella tortuosità dei tracciati viari, con l'unica eccezione della statale n. 4 Salaria, che rappresenta l'asse fondamentale del traffico. Altri tracciati viari di una certa importanza sono: la statale n. 79 Ternana, che unisce Rieti a Terni, in Umbria; il lungo tracciato della n. 17 dell'Appennino Abruzzese, che si distacca dalla Salaria all'altezza di Antrodoco e, penetrata nella provincia aquilana attraverso il valico di Sella di Corno, prosegue poi per Benevento, in Campania-; la n. 471 di Leonessa; la n. 521 di Morro; la n. 4 bis del Terminillo, che conduce all'omonimo monte. Un'unica linea ferroviaria non elettrificata, la Terni-Rieti-L'Aquila-Sulmona, serve il comprensorio; inaugurata nel 1882, seppure splendida da un punto di vista paesistico, è una tratta antiquata e sottoutilizzata.

Storia. Il territorio, antica dimora dei sabini, venne ascritto, dopo l'assoggettamento a Roma, alla tribù QUIRINA e, in epoca augustea, inquadrato nella REGIO IV (SAMNIUM). Al console Manio Curio Dentato, conquistatore di queste terre, si deve l'escavazione del canale di bonifica che fece defluire le acque del fiume Velino nel fiume Nera, originando le cascate delle Marmore. In seguito alla conquista longobarda il comprensorio venne annesso al ducato di Spoleto e denominato Sabina ducale; Rieti divenne sede di gastaldato. Nel XII secolo fu preda bellica del normanno Ruggero II, re di Sicilia, e per lunghi secoli, ad esclusione della porzione reatina (Monti Reatini e conca di Rieti), che fu inglobata nello Stato della Chiesa, fu parte del regno di Sicilia, del regno di Napoli e, infine, di quello borbonico delle due Sicilie. Alle pendici dei Monti Reatini, nella cosiddetta Valle Santa, operò San Francesco: nel 1223 a Fonte Colombo, il “Sinai francescano”, il Poverello d'Assisi dettò le regole del suo ordine e a Greccio, nella notte di Natale dello stesso anno, realizzò per la prima volta il presepe vivente. Durante la “cattività avignonese” dei papi (1309-1377), Luigi di Taranto, marito della regina di Napoli Giovanna I, ne approfittò per annettere ai suoi domini il Reatino ma di lì a pochi anni fu costretto a cederlo nelle mani del legato pontificio cardinale Egidio Albornoz. Nel XVI secolo gran parte dei territori attorno al corso del fiume Velino venne data in feudo a Margherita d'Asburgo, figlia naturale dell'imperatore Carlo V e moglie di Ottavio Farnese; alla morte della sovrana passò ai Farnese e successivamente tornò al re di Napoli. Le gole di Antrodoco furono teatro del massacro di una colonna di truppe francesi ad opera degli abitanti del luogo (1799) e della sconfitta delle truppe napoletane, agli ordini di Gugliemo Pepe, per mano austriaca (1821). Il plebiscito di annessione al Piemonte, votato dal regno delle due Sicilie (21 ottobre 1860), fu il preludio all'ingresso nel regno d'Italia (1861).

Struttura socio-economica. Come gran parte delle zone montane del centro-sud d'Italia anche questa non sfugge ai ben noti fenomeni dello spopolamento e dell'abbandono e, se nel passato l'abbondanza del legname e dei frutti provenienti dagli estesi castagneti dava origine ad un'economia di scambio e di sussistenza abbastanza estesa, oggi non è più così. L'agricoltura, in forte contrazione, non rappresenta più da diversi anni il settore trainante dell'economia locale, pur essendo praticata ancora dove il suolo lo permette, come nelle conche intramontane (cereali, foraggio e patate); per ciò che concerne la zootecnia, anch'essa in declino, bisogna tuttavia rilevare come i fertili pascoli montani permettono la produzione di ottime caciotte e pecorini mentre ad Amatrice, nota universalmente per la famosa ricetta degli spaghetti all'amatriciana, vi è un'affermata produzione di salumi. Le attività industriali si concentrano intorno all'importante polo di Cittaducale -praticamente saldato con quello primario di Rieti-, i cui comparti fondamentali sono quelli dell'elettronica e delle telecomunicazioni. Diversi comuni hanno puntato sul turismo, soprattutto religioso e termale: la verde e amena conca di Amatrice, le gole del Velino, le terme di Antrodoco, note per la cura delle malattie della pelle e gastrointestinali, quelle di Cotilia (Castel Sant'Angelo), rinomate per la cura di artriti, gotta e calcolosi renale, e i luoghi francescani della Valle Santa sono alcuni esempi delle notevoli potenzialità del comprensorio. Di una certa rinomanza, infine, è l'artigianato del rame e del ferro battuto (Antrodoco, Poggio Bustone).

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