La cappella De Sirica-Crispo (chiesa del SS Rosario) è l’unica superstite delle 4 cappelle nobiliari con i relativi sepolcri ancora esistenti in loco nel 1710,che appartenevano alla chiesa francescana del XIII secolo ultimata nel 1337. Tre dei 4 sepolcri vennero distrutti nel terremoto del 1783. Nella cappella si conserva [...] La cappella De Sirica-Crispo (chiesa del SS Rosario) è l’unica superstite delle 4 cappelle nobiliari con i relativi sepolcri ancora esistenti in loco nel 1710,che appartenevano alla chiesa francescana del XIII secolo ultimata nel 1337. Tre dei 4 sepolcri vennero distrutti nel terremoto del 1783. Nella cappella si conserva tutt'oggi un bellissimo sarcofago marmoreo che ha sul coperchio un altorilievo raffigurante il cavaliere angioino De Sirica ivi deposto. Anno domini MCXXXXVI, è la data sulla lastra di marmo del sarcofago con due stemmi con giglio angioino. I bassorilievi però sembrano più prodotto trecentesco di scuola di Tino da Camaino, scultore senese che operò soprattutto a Napoli. Della Cappella si ammirano ancora in ottime condizioni i costoloni in stile gotico coi fiordalisi francesi, sepolcri ducenteschi e trecenteschi murati nelle pareti, bassorilievi del XIII secolo, tre coperchi di tombe con figure scolpite di frati , tre iscrizioni del 1356 e 1357 che indicano delle sepolture. La cappella venne restaurata nel 1555 da Pandolfo Crispo marito di Camilla De Sirica, ultima discendente della famiglia.
Foto di Giusepe Ingoglia
documentazione: Beni culturali a Monteleone di Calabria Ed Frama Sud- Aberto Borello "Vibo dolce memoria"Ed Monteleone [meno informazioni]
Evento annuale della popolazione montaganese svolto come tradizione nel giorno della Festa della repubblica. L'evento predeve una camminata alla scoperta delle antiche fontane di Montagano con annesso pranzo presso l'ultima fonte del cammino
Chiesa Santa Maria Maggiore col suo stupendo rosone e la fontana antistante. Palazzo del Comune e Conti Gentili. La meridiana solare e la Chiesa degli Scolopi. Chiesa di San Francesco, la Cattedrale di San Paolo. Il miracolo eucaristico dell'Ostia incarnata. San Sisto, Patrono della città. Museo Civico di Palazzo Gottifredo. [...]Chiesa Santa Maria Maggiore col suo stupendo rosone e la fontana antistante. Palazzo del Comune e Conti Gentili. La meridiana solare e la Chiesa degli Scolopi. Chiesa di San Francesco, la Cattedrale di San Paolo. Il miracolo eucaristico dell'Ostia incarnata. San Sisto, Patrono della città. Museo Civico di Palazzo Gottifredo. L'Acropoli con le mura poligonali (o Pelasgiche). Porta San Benedetto, la Chiesa di San Silvestro con i suoi affreschi. La Chiesa della Maddalena. La Badia di San Sebastiano (via Benedicti). Grancia Tecchiena (sulla via Francigena). Cristo nel labirinto. [meno informazioni]
Fa parte del più vasto Parco Archeologico Hipponion - Valentia. E’ il settore urbano più esteso di epoca romana e si trova nel quartiere di S. Aloe, dove sono state rinvenute una serie di domus (di una il peristilio), quasi tutte pavimentate con mosaici policromi. È inoltre presente un complesso termale, [...]Fa parte del più vasto Parco Archeologico Hipponion - Valentia. E’ il settore urbano più esteso di epoca romana e si trova nel quartiere di S. Aloe, dove sono state rinvenute una serie di domus (di una il peristilio), quasi tutte pavimentate con mosaici policromi. È inoltre presente un complesso termale, articolato in frigidarium, calidarium e palestra, forse connesso ad un'abitazione a carattere pubblico.
Si tratta di reperti compresa tra il II sec a. C. e il V d. C., mentre in un settore è stata identificata anche una fase altomedievale. Il periodo di vita più rappresentativo del quartiere romano sembra essere quello compreso tra II e III sec. d. C., epoca in cui si datano anche due dei mosaici pavimentali rinvenuti ed i resti dell'edificio termale. Il mosaico più antico, che risale al II sec. d. C. è decorato con un emblema centrale figurato con Nereide nuda che si lascia trasportare da un ippocampo in un mare pieno di delfini stilizzati; un velo aperto a conchiglia incornicia in alto le figure. Tre fasce concentriche si dipartono dal centro verso l'esterno, decorate, la prima, con anatre e trampoliere in ambiente lacustre, la successiva con motivi geometrici in bianco e nero, e l'ultima con tralci vegetali ed uccelli che si dipartono da kantharoi centrali.
Il mosaico più recente è relativo ad un atrio del complesso termale ed è decorato con pesci, pavoni e le quattro stagioni, inquadrati in un festone che fuoriesce da kantharoi angolari e si dispone ad ottagono intorno alle figure. Dal punto di vista insediativo, le domus di S. Aloe testimoniano, per questa zona, una lunga continuità abitativa. (Mibact)
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Fa parte del più vasto Parco Archeologico Hipponion - Valentia. E’ il settore urbano più esteso di epoca romana e si trova nel quartiere di S. Aloe, dove sono state rinvenute una serie di domus (di una il peristilio), quasi tutte pavimentate con mosaici policromi. È inoltre presente un complesso termale, [...]Fa parte del più vasto Parco Archeologico Hipponion - Valentia. E’ il settore urbano più esteso di epoca romana e si trova nel quartiere di S. Aloe, dove sono state rinvenute una serie di domus (di una il peristilio), quasi tutte pavimentate con mosaici policromi. È inoltre presente un complesso termale, articolato in frigidarium, calidarium e palestra, forse connesso ad un'abitazione a carattere pubblico.
Si tratta di reperti compresa tra il II sec a. C. e il V d. C., mentre in un settore è stata identificata anche una fase altomedievale. Il periodo di vita più rappresentativo del quartiere romano sembra essere quello compreso tra II e III sec. d. C., epoca in cui si datano anche due dei mosaici pavimentali rinvenuti ed i resti dell'edificio termale. Il mosaico più antico, che risale al II sec. d. C. è decorato con un emblema centrale figurato con Nereide nuda che si lascia trasportare da un ippocampo in un mare pieno di delfini stilizzati; un velo aperto a conchiglia incornicia in alto le figure. Tre fasce concentriche si dipartono dal centro verso l'esterno, decorate, la prima, con anatre e trampoliere in ambiente lacustre, la successiva con motivi geometrici in bianco e nero, e l'ultima con tralci vegetali ed uccelli che si dipartono da kantharoi centrali.
Il mosaico più recente è relativo ad un atrio del complesso termale ed è decorato con pesci, pavoni e le quattro stagioni, inquadrati in un festone che fuoriesce da kantharoi angolari e si dispone ad ottagono intorno alle figure. Dal punto di vista insediativo, le domus di S. Aloe testimoniano, per questa zona, una lunga continuità abitativa. (Mibact)
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Riprese notturne della piazza.
Dedicata, ai martiri della rivoluzione ungherese del 23 ottobre 1956 ospita da una parte il Municipio cittadino e dall’altra una scuola elementare e media. Nel 2021-22 verrà completamente ristrutturata con un concorso di progettazione.
Due lastre poste nell’angolo sinistro dell’entrata [...]Riprese notturne della piazza.
Dedicata, ai martiri della rivoluzione ungherese del 23 ottobre 1956 ospita da una parte il Municipio cittadino e dall’altra una scuola elementare e media. Nel 2021-22 verrà completamente ristrutturata con un concorso di progettazione.
Due lastre poste nell’angolo sinistro dell’entrata principale di Palazzo, sede del Comune, ricordano che Vibo Valentia fu la prima città d'Italia a onorare i rivoltosi ungheresi, dando il nome alla principale piazza: quella superiore in pietra è per onorare i Martiri d’Ungheria, quella inferiore in marmo è per riconoscenza alla città Calabrese. [meno informazioni]
Fu in origine una torre, di forma esagonale, che il Conte Ruggero il Normanno detto il Bosso, volle innalzare, come baluardo di difesa per la città “provata” dalle scorrerie saracene.
La costruzione muterà il suo aspetto fra il 1233 e il 1237 con Federico II di Svevia, che vi aggiungerà altri baluardi [...]Fu in origine una torre, di forma esagonale, che il Conte Ruggero il Normanno detto il Bosso, volle innalzare, come baluardo di difesa per la città “provata” dalle scorrerie saracene.
La costruzione muterà il suo aspetto fra il 1233 e il 1237 con Federico II di Svevia, che vi aggiungerà altri baluardi facendone assumere la forma “a castello”. Gli Angioini, subentrati alla dinastia degli Hohenstaufen vi aggiunsero uno sperone triangolare che fecero congiungere alle mura della città, coordinandolo con un sistema di fortilizi sorgenti lungo la cinta di mura. Poi, per lungo tempo, vi presero dimora i Duchi Pignatelli. Il terremoto del 1783 arrecò delle lesioni ai muri, tali da renderlo inagibile. Restaurato in epoca recente ospita il Museo archeologico cittadino V. Capialbi facente parte del Polo Museale della Calabria e nella sua corte ospita suggestive rappresentazioni teatrali e concerti. [meno informazioni]
Attualmente si trova nel Castello di Chantilly (nalla Sala delle Guardie) dove Enrico Eugenio Filippo Luigi d’Orléans, duca d’Aumale, si trasferì insieme alla consorte Maria Carolina Augusta di Borbone, figlia di Leopoldo Giovanni Giuseppe Michele di Borbone.
La vicenda del trasferimento è narrata [...]Attualmente si trova nel Castello di Chantilly (nalla Sala delle Guardie) dove Enrico Eugenio Filippo Luigi d’Orléans, duca d’Aumale, si trasferì insieme alla consorte Maria Carolina Augusta di Borbone, figlia di Leopoldo Giovanni Giuseppe Michele di Borbone.
La vicenda del trasferimento è narrata approfonditamente in: https://www.liberoricercatore.it/il-mosaico-del-rapimento-deuropa/#fn-53087-1 [meno informazioni]
Il primo a parlarci del ratto d’Europa ad opera di Zeus, fu Omero nell’Iliade. Figlia dell'unione di Agenore con Telfassa si unì a Zeus che assunse le sembianze di un toro bianco sul quale Europa salì. Divenne la prima regina di Cipro e dalla unione con Zeus nacquero tre figli: Minosse, Radamante e Sarpedonte.
Per [...]Il primo a parlarci del ratto d’Europa ad opera di Zeus, fu Omero nell’Iliade. Figlia dell'unione di Agenore con Telfassa si unì a Zeus che assunse le sembianze di un toro bianco sul quale Europa salì. Divenne la prima regina di Cipro e dalla unione con Zeus nacquero tre figli: Minosse, Radamante e Sarpedonte.
Per maggiori approfondimenti consultare: https://www.francovalente.it/2014/03/04/tremulae-sinuantur-flamine-vestes-il-mito-di-europa-in-un-antico-bassorilievo-in-agro-di-monteroduni/ [meno informazioni]
Il Museo è stato istituito nel 1969 e intitolato al conte Vito Capialbi storico,letterato,archeologo (1790-1853). Dal 1995 il Museo ha sede nel Castello Normanno-Svevo della città. I materiali esposti provengono dagli scavi effettuati nella città e nel suo territorio a partire dal 1921 con l’archeologo [...]Il Museo è stato istituito nel 1969 e intitolato al conte Vito Capialbi storico,letterato,archeologo (1790-1853). Dal 1995 il Museo ha sede nel Castello Normanno-Svevo della città. I materiali esposti provengono dagli scavi effettuati nella città e nel suo territorio a partire dal 1921 con l’archeologo Paolo Orsi. Le collezioni partono dalla preistoria (primo piano) all’età greca (piano terra e primo piano) e a quella romana e medioevale (piano terra). L'area sacra di Scrimbia ha restituito manufatti databili tra la fine del VII e la fine del V secolo a.C.: ceramiche corinzie, rodie e attiche, anche di grandi dimensioni, bacili ed elmi in bronzo, statuette votive e oreficerie di notevole qualità, tra cui orecchini, anelli, fibule, spilloni. Sono stati rinvenuti nella stessa area i frammenti architettonici di un grande tempio dorico, databili intorno al 550 a.C. Dal Cofino provengono alcuni pinakes di produzione tipica di Locri Epizefiri e due modellini di tempio in terracotta, ricchi di dettagli. Il piano terra espone reperti ritrovati nelle necropoli di Hipponion (fine VII - IV secolo a.C.), tra i quali spicca una laminetta aurea attestante il culto orfico con un'iscrizione in dialetto dorico-ionico che fornisce consigli per il passaggio del defunto nel mondo dei morti. L'itinerario prosegue con i materiali di età romana. Di notevole fattura le statue di togati e la testa in marmo di Agrippa, alcuni corredi sepolcrali con lucerne dalle decorazioni molto raffinate, contenitori e unguentari in vetro di pregevole fattura. Un'apposita sezione al primo piano espone parte della collezione Capialbi, con il ricco monetiere che rappresenta un riferimento numismatico tra i più importanti in Calabria. All'archeologia subacquea è dedicata ampia attenzione: tra i vari reperti viene presentata la ricostruzione parziale della chiglia di un'imbarcazione e alcune anfore e ancore di diverse epoche rinvenute in buona parte nei fondali vibonesi.
Documenti MIBACT
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Una delle 5 porte medievali d’accesso al borgo fortificato di Monteleone.
Come era già avvenuto nel periodo Magno Greco anche in epoca medievale la città fu cinta di mura. Più precisamente il Governatore Ermingano di Sabrano (Conte d'Apice), inviato a Monteleone da Carlo II per difenderla e preservarla, [...]Una delle 5 porte medievali d’accesso al borgo fortificato di Monteleone.
Come era già avvenuto nel periodo Magno Greco anche in epoca medievale la città fu cinta di mura. Più precisamente il Governatore Ermingano di Sabrano (Conte d'Apice), inviato a Monteleone da Carlo II per difenderla e preservarla, decise nel 1289 di costruire una cittadella fortificata con mura e quattro porte d'accesso. L’estensione di dette mura che incominciavano con una torre triangolare e finivano con un’altra di uguale forma, superava i mille passi; vi erano qua e là parecchie torri intermedie e quattro Porte oltre a quella del Castello detta Porte Grande.
Le porte si chiamavano: Porta S. Antonio, i cui ultimi avanzi scomparvero con la costruzione di casa Solari, ora Casa della Carità; Porta Piazza; Porta Conte d’Apice ed un’altra tra questa e Porta Piazza. Le uniche due testimonianze ancora rimaste intatte della cittadella fortificata sono la Porta Piazza, più comunemente nota come Arco di Marzano o Porta Lamia e la Porta Conte d’Apice.
La porta Conte d'Apice è una torre cilindrica risalente al 1289, adiacente alla chiesetta della Madonna dei Poveri; oggi rimane solo la così detta porta, in muratura mista, definita superiormente da un arco depresso. Da poco restaurata con l’adiacente piazza è uno dei luoghi più suggestivi del centro storico soprattutto quando è illuminata di sera.
Documenti: SPQR
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La Saepinum romana, sviluppatasi sul tratturo Pescasseroli-Candela dove già i Sanniti avevano realizzato delle strutture per sfruttare a pieno il transito delle greggi era una città completa, circondata da una cinta muraria con perimetro di circa 4 km.
Nella foto è ben visibile il decumano massimo, strada principale [...]La Saepinum romana, sviluppatasi sul tratturo Pescasseroli-Candela dove già i Sanniti avevano realizzato delle strutture per sfruttare a pieno il transito delle greggi era una città completa, circondata da una cinta muraria con perimetro di circa 4 km.
Nella foto è ben visibile il decumano massimo, strada principale della città lungo la quale erano presenti case e botteghe oltre agli edifici pubblici quale la basilica della quale restano ancora conservate le colonne con capitelli ionici.
Sullo sfondo porta Bojano, porta di accesso nord alla città. [meno informazioni]
Risalente la periodo sannita, Fagifulae era un villaggio fortificato del Sannio Pentro. Da quanto attestato dallo studioso G. De Benedittis Faifoli divenne municipio romano dopo il 49 a.C. Sito archeologico molto importante, nel Medioevo ospita i benedettini i quali vi edificarono il loro convento e l'Abbazia di Santa Maria della [...]Risalente la periodo sannita, Fagifulae era un villaggio fortificato del Sannio Pentro. Da quanto attestato dallo studioso G. De Benedittis Faifoli divenne municipio romano dopo il 49 a.C. Sito archeologico molto importante, nel Medioevo ospita i benedettini i quali vi edificarono il loro convento e l'Abbazia di Santa Maria della quale non si conosce l'anno di costruzione ma sicuramente nel 1260 esisteva già, come dimostra un'incisione sul portale gotico nel capitello a sinistra di chi entra che reca scolpita tale data e il nome dello scultore Buonomo. La data più importante di questa chiesa è il 1230, quando vi giunse il giovane Pietro Angelerio per prendervi i voti e che diventerà Papa Celestino V e sarà santificato dopo la morte il quale ebbe il compito di restaurare le strutture di quella chiesa e del convento adiacente.
A causa di numerosi terremoti, a cominciare dal XV secolo il monastero fu completamente demolito, mentre la chiesa resistette anche se in pessime condizioni. Dal 1456 fino al 1700 dell'abbazia non si hanno notizie, fu il cardinale Vincenzo Maria Orsini, arcivescovo di Benevento e futuro Papa Benedetto XIII, a restaurare la chiesa e a riconsacrarla il 5 Luglio 1705. Nel 1811 il nobiluomo montaganese Quintiliano Petrone comprò alcuni terreni tra cui la chiesa di santa Maria di Faifoli e riparò i danni causati dal disastroso terremoto che colpì il Molise nel 1805.
Dopo la sua morte Faifoli passò alla famiglia Janigro che nel 1971 consentì che la chiesa fosse destinata ad uso pubblico e che potesse essere restaurata, affidandone la cura ai sindaci di Montagano e Limosano.
Il 13 Febbraio 1998 la chiesa con una parte del territorio circostante è stata acquistata dal comune di Montagano e nel 2000 sono iniziati i lavori di restauro per conto della Soprintendenza ai beni culturali archeologici ed ambientali del Molise.
L'evento più importante dedicato alla Chiesa si svolge ogni anno l'ultima domenica di Aprile con la Festa della Madonna della Transumanza che coinvolge tutta la popolazione femminile Montaganese con le sue portatrici che conducono in spalla la Madonnina nei dintorni del territorio di Faifoli. [meno informazioni]
Un tour virtuale di Alife, grazie al quale poter visitare i luoghi più ameni nonché il suo patrimonio storico-architettonico come ad es.: l'anfiteatro (con una sua ricostruzione), la chiesa dei Totari, il Mausoleo degli Acilii Glabrioni, il castello medievale, il criptoportico, la Porta Fiume, la Casa Vessella, la Madonna [...]Un tour virtuale di Alife, grazie al quale poter visitare i luoghi più ameni nonché il suo patrimonio storico-architettonico come ad es.: l'anfiteatro (con una sua ricostruzione), la chiesa dei Totari, il Mausoleo degli Acilii Glabrioni, il castello medievale, il criptoportico, la Porta Fiume, la Casa Vessella, la Madonna delle Grazie, la Chiesa di San Sisto, la Cattedrale, Porta Roma, la chiesa di San Michele, la Porta Piedimonte e tanto altro ancora. [meno informazioni]
Miranda, Mbrianna in dialetto, è un paese a pochi chilometri da Isernia.
Fondato intorno all'anno mille nel 1200 venne divisa tra Giovanni De Guissa e Andrea D'Isernia. Numerose furono le famiglie feudali fino al 1898 quando il 14 settembre il territorio fu dato in enfiteusi a 60 proprietari mirandesi. Tra il 1928 e il 1936 [...]Miranda, Mbrianna in dialetto, è un paese a pochi chilometri da Isernia.
Fondato intorno all'anno mille nel 1200 venne divisa tra Giovanni De Guissa e Andrea D'Isernia. Numerose furono le famiglie feudali fino al 1898 quando il 14 settembre il territorio fu dato in enfiteusi a 60 proprietari mirandesi. Tra il 1928 e il 1936 cessò di essere comune autonomo e fu aggregato al comune di Isernia.
Natura incontaminata nei dintorni, in paese sono da vedere il castello e la chiesa principale, il Duomo di Santa Maria Assunta.
In estate la Tartufata, manifestazione in onore del fungo ipogeo. [meno informazioni]
Macchina da guerra, le manganelle lanciavano proiettili pesanti appoggiati in un contenitore a forma di mezza palla posizionato al termine del braccio. Questo contenitore poteva lanciare più pietre di una fionda, il che la rendeva diversa dell'onagro. La fionda fu sostituita con un contenitore per ottenere più forza [...]Macchina da guerra, le manganelle lanciavano proiettili pesanti appoggiati in un contenitore a forma di mezza palla posizionato al termine del braccio. Questo contenitore poteva lanciare più pietre di una fionda, il che la rendeva diversa dell'onagro. La fionda fu sostituita con un contenitore per ottenere più forza di fuoco. In combattimento le manganelle lanciavano rocce, oggetti incendiati (vasi pieni di materiale infiammabile che creavano una palla di fuoco al momento dell'impatto), o qualsiasi altra cosa fosse al momento disponibile.
Nelle lotte comunali italiane il mangano si incontrava con grande frequenza, sia in funzione offensiva che difensiva: nelle miniature dell'epoca si notano spesso mangani piazzati sulle torri o sulle mura, per contrastare il tiro delle macchine avversarie.
Durante la Battaglia di Monteroduni del 1193, l'esercito imperiale (guidato da Bertoldo di Kunigsberg) era accampato nella contrada agreste detta “Castagneto” al di là del torrente Rava.
Mentre il suo esercito disponeva le macchine da guerra presso le mura, Bertoldo di Kunigsberg fu colpito a morte da una grossa pietra scagliata con un manganello dai difensori della cittadella. [meno informazioni]
Organizzato dall’Associazione Nazionale Città del Tartufo, di cui San Pietro Avellana ha la Vicepresidenza, si terrà gratuitamente online il 24 marzo alle 17.30. È uno degli eventi in attesa della decisione sulla candidatura UNESCO.
Un webinar per scoprire i primi rudimenti dell’analisi sensoriale [...]Organizzato dall’Associazione Nazionale Città del Tartufo, di cui San Pietro Avellana ha la Vicepresidenza, si terrà gratuitamente online il 24 marzo alle 17.30. È uno degli eventi in attesa della decisione sulla candidatura UNESCO.
Un webinar per scoprire i primi rudimenti dell’analisi sensoriale del tartufo nero e conoscere meglio il mondo del pregiato fungo che cresce rigoglioso a San Pietro Avellana e in Molise. Si terrà mercoledì 24 marzo alle 17.30 in diretta sulla pagina Facebook dell’Associazione Nazionale Città del Tartufo. «Un appuntamento gratuito – spiega il sindaco di San Pietro Avellana Francesco Lombardi, Vicepresidente dell’Associazione che unisce circa 50 località del tartufo in tutta Italia – che si colloca tra gli eventi organizzati in attesa della decisione del Comitato intergovernativo UNESCO relativamente alla candidatura italiana ‘Cerca e cavatura del tartufo in Italia: conoscenze e pratiche tradizionali’ per l’iscrizione nell’elenco dei Beni Immateriali Culturali dell’Umanità. Un’occasione importante per approfondire la conoscenza del tartufo pregiato, come il tartufo di San Pietro Avellana, e le sue caratteristiche». L’idea è di formare un gruppo territoriale di esperti che possa qualificare le azioni programmate nella filiera del tartufo. Durante il collegamento, nella fase introduttiva, verranno trattate tematiche generali sul pregiato fungo, per passare poi alla descrizione del processo di valutazione sensoriale, avvalendosi della comparazione tra tartufi a tre gradi di maturazione: immaturi, buoni e marcescenti. Sarà un confronto coordinato a distanza da Isabella Gianicolo del Centro Studi Tartufo di Alba che guiderà tre esperti di comunicazione enogastronomica all’approccio sensoriale. “Nonostante la pandemia e il clima non favorevole a svolgere attività divulgative – ha spiegato Michele Boscagli, Presidente dell’Associazione Nazionale Città del Tartufo –, le Città del Tartufo hanno deciso di investire in questo ambito per qualificare maggiormente gli addetti del settore e avvicinare un più ampio pubblico a un mondo avvolto da un’aura di mistero, e rendere invece più conosciute le sue specificità”. Il secondo appuntamento sarà incentrato sul cane da tartufo, il suo addestramento e il benessere animale in genere; il terzo riguarderà la biodiversità ambientale e alimentare legate all’ambiente tartufigeno e al prodotto tartufo. Per partecipare all’evento online “Codice sensoriale del Tartufo”: https://www.facebook.com/events/745232269718354 [meno informazioni]
Passo del libro in cui si parla dell'assedio di Monteroduni (Monteroduno) ad opera di Bertoldo di Kunigsberg (o Königsberg), legato imperiale in Italia e nel Regno di Sicilia.
Incoronato re di Sicilia su sollecitazione di una parte della nobiltà indigena, Bertoldo nel tardo autunno del 1192 si spinse nella contea del [...]Passo del libro in cui si parla dell'assedio di Monteroduni (Monteroduno) ad opera di Bertoldo di Kunigsberg (o Königsberg), legato imperiale in Italia e nel Regno di Sicilia.
Incoronato re di Sicilia su sollecitazione di una parte della nobiltà indigena, Bertoldo nel tardo autunno del 1192 si spinse nella contea del Molise.
All'inizio del 1193 sposò la sorella del Conte di Sangro e di Oderisio Conte di Pietrabondante nonché vedova di Roberto S. Severno, Conte di Caserta. Pochi mesi dopo mise l'assedio al castello di Monteroduni durante il quale fu colpito a morte da una grossa pietra partita dall’interno dell’abitato, scagliata dai difensori con un manganello (congegno per tirare sassi).
Il suo posto fu preso da Corrado di Urslingen (detto Mosca in cervello), il quale mantenne con saldezza ed accanimento l’assedio, fino a quando non riuscì ad espugnare Monteroduni prendendola per la sete.
Per maggiori dettagli si consulti il racconto di Don Antonio Mattei (1909â1992), da: “Memorie storiche di Monteroduni”, pag. 19â20. Uno stralcio è disponibile qui: https://www.geamonteroduni.org/files/mosca-in-cervello.pdf [meno informazioni]
25 marzo 2021 Il Comune di Vibo Valentia ricorda il grande poeta fiorentino<br>“Dante è l’unità del Paese, Dante è la lingua italiana, Dante è l’idea stessa di Italia”. Il 25 marzo 2021 l’Assessorato alla Cultura, non potendo mancare a questo appuntamento e non potendo [...]25 marzo 2021 Il Comune di Vibo Valentia ricorda il grande poeta fiorentino<br>“Dante è l’unità del Paese, Dante è la lingua italiana, Dante è l’idea stessa di Italia”. Il 25 marzo 2021 l’Assessorato alla Cultura, non potendo mancare a questo appuntamento e non potendo organizzare attività in presenza, ha programmato un evento sui social istituzionali e sull’App di Vibook. Un programma vario e originale; dopo i saluti del Sindaco Maria Limardo e di Maria Baratteri, presidente dell’Assoc. Dante Alighieri ascolteremo l’attore Giuseppe Ingoglia che recita in terzine siciliane il canto V dell’Inferno e l’episodio di Paolo e Francesca tratti dal libro “La Divina Commedia in siciliano” di Giovanni Girgenti ; ” Empireo” la performance delle alunne del Liceo coreutico Vito Capialbi dirette da Daniela Ruggiero e scenografia del maestro Antonio La Gamba ci porta nel Paradiso della Divina Commedia; sotto la direzione artistica di Gianfranco Russo assisteremo al recital di musiche medievali dell’Ass. “Gli incontri degli dei” con il pianista Giuseppe Daniele e la voce narrante di Maurizio Bonanno . A questo lavoro hanno collaborato l’Ass. Electa che farà vedere l’evento in diretta sull’app sociale di Vibook scansionando il QR code presente sulla locandina, Cristallo Edizioni, Libritalia come sponsor, Alessandro Rizzuto per la fotografia, Michele Falduto per la parte tecnologica del Comune. Sarà un modo diverso di omaggiare Dante in questi primi giorni di primavera, che sono simbolo del suo viaggio ultraterreno e di speranza per noi di uscire a riveder le stelle dal buio della pandemia <br> [meno informazioni]
Il Complesso conventuale, oggi comunemente chiamato "Valentianum" era il Convento Domenicano di Monteleone, uno degli insediamenti più importanti della regione ed ospitò i domenicani fino alla soppressione dell' Ordine da parte dei francesi nel 1809. Del grandioso convento, oggi rimangono visibili solo il [...]Il Complesso conventuale, oggi comunemente chiamato "Valentianum" era il Convento Domenicano di Monteleone, uno degli insediamenti più importanti della regione ed ospitò i domenicani fino alla soppressione dell' Ordine da parte dei francesi nel 1809. Del grandioso convento, oggi rimangono visibili solo il grande chiostro quadrangolare, alcune celle al piano terra, le due scale che conducono al piano superiore e parte dell'antica Chiesa di San Domenico, adibita ad auditorium (Sala scrigno di vetro di proprietà comunale). E’ stato uno dei più importanti della regione, tra i suoi elementi più interessanti vi era un famoso orto ed un’importante farmacia. Dopo la sua soppressione, ospitò un ospedale militare e poi, fino alla Seconda Guerra Mondiale, un orfanotrofio con annesso Istituto Agrario che istruiva ed avviava all'apprendimento di un mestiere gli orfani. Erano, infatti, attivate diverse "officine" quali quelle di tipografo, ebanista, sarto, falegname e calzolaio. Grande rilevanza ebbe l'officina dei tipografi, voluta dal barone Cordopatri, che divenne una delle più importanti della città di Monteleone e dell'intero distretto con importanti pubblicazioni al suo attivo. Infine, dal secondo dopoguerra in poi, ospitò anche l'Istituto Industriale e l'orfanotrofio, chiuso già dal 1944 per mancanza di fondi, venne dichiarato estinto solo nel 1989, dopo la ristrutturazione dell'intera struttura conventuale avvenuta nel 1984 per conto dell'OPE.RE.M. La struttura originaria risale al 1455, ma fu ricostruita nel 1543, per volere di Ettore Pignatelli. Nella nuova struttura fu inglobata la piccola Chiesa di Sant'Antonio Abate, poi ingrandita e dedicata a San Domenico che era, secondo la descrizione di Vincenzo Bisogni, la più bella della città; in essa, trovavano collocazione importanti opere come: la "Santa Caterina da Siena" del pittore fiammingo Wenzel Cobergher , oggi custodita nel Museo d'Arte Sacra (attribuzione Giorgio Leone), i paramenti del "Parato del Rosario" anch'essi custoditi all'interno del Museo d'Arte Sacra, la tavola raffigurante la Madonna con Bambino tra i santi domenicani Tommaso d'Aquino e Vincenzo Ferrer di pittore napoletano della fine del XVI/inizio del XVIII secolo, oggi collocata all'interno della Chiesa di Santa Maria Maggiore e San Leoluca, lo splendido velo che doveva coprire l'immagine sacra di San Domenico posta sull'altare maggiore, oggi conservato al convento domenicano di Soriano Calabro, lo stesso maestoso altare maggiore che oggi fa bella mostra di sé come altare maggiore della chiesa di Santa Maria Maggiore e San Leoluca ed è espressione di una delle più raffinate maestranze napoletane del XVIII secolo, Francesco Raguzzini, datato 1745, o il grande portale manifestazione delle migliori maestranze serresi che decora, la facciata della chiesa dello Spirito Santo, antico duomo della città. Quasi totalmente persa la biblioteca e la bottega dello speziale, di cui si conservano alcuni vasi in un'antica farmacia vibonese. Tra le nuove funzioni date al complesso, vi è anche quella "museale" con la costituzione del Museo d'Arte Sacra ubicato nell'ala nord-ovest del piano terra. Fondato nel 1988 per volere dell'arciprete Onofrio Brindisi, espone opere provenienti dall'intero territorio vibonese, databili tra il XV e XIX secolo: statue bronzee di Cosimo Fanzago, provenienti dalla Certosa di Serra San Bruno, e le due statue superstiti del "Trittico Gagini" ; antichi messali; paramenti sacri di ottima fattura e molti oggetti liturgici, tra cui spiccano le belle argenterie di scuola napoletana e la mitria di S. Leoluca di Mattia Condursi, datata 1854. Il museo è il risultato della volontà popolare di non disperdere il proprio patrimonio artistico. Oltre alle già citate opere provenienti dalla chiesa di San Domenico, vengono custodite opere tra le più importanti dell'arte meridionale, come, le tele dei celebri pittori monteleonesi, come: Emanuele Paparo, Brunetto Aloi e Silvio Enea Strani, o le opere attribuite ad importanti pittori napoletani, come Paolo de Matteis e Francesco Curia, o ad altri celebri artisti calabresi come lo scultore polistenese Francesco Jerace, attivo a Napoli e Roma.
Sempre sul chiostro si apre il laboratorio d’arte del maestro Antonio La Gamba mentre al primo piano vi è la nuova sede della Camera di Commercio di Vibo Valentia e il Museo di Arte contemporanea Limen
Documenti dal sito comunale di Beatrice Ceravolo
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I tholos sono strutture utilizzate anticamente dai pastori per ripararsi dal freddo in inverno e dal caldo estivo.
Realizzate in muratura di pietra a secco, tipologia costruttiva tradizionale del luogo, consentono infatti di mantenere una temperatura pressoché costante. L'apertura era rivolta a sud per evitare ai freddi venti [...]I tholos sono strutture utilizzate anticamente dai pastori per ripararsi dal freddo in inverno e dal caldo estivo.
Realizzate in muratura di pietra a secco, tipologia costruttiva tradizionale del luogo, consentono infatti di mantenere una temperatura pressoché costante. L'apertura era rivolta a sud per evitare ai freddi venti da settentrione di entrare ed abbassare la temperatura all'interno [meno informazioni]
I tholos sono strutture realizzate con pietre a secco che veniva utilizzate da pastori e viandanti per ripararsi dal freddo in inverno e dal sole estivo. L'ingresso è rivolto verso sud per evitare al vento freddo proveniente da nord di entrare e mantenere, quindi, una temperatura più alta rispetto all'esterno.
Le mura di Hipponion circondavano la città per un perimetro di circa 8 km ed erano intervallate da alte torri di avvistamento, tre torri semicilindriche poste su basamenti quadrati e una quarta torre d’angolo più alta che consentiva il controllo dei bastioni. Nell’ XI secolo con l’arrivo dei Normanni [...]Le mura di Hipponion circondavano la città per un perimetro di circa 8 km ed erano intervallate da alte torri di avvistamento, tre torri semicilindriche poste su basamenti quadrati e una quarta torre d’angolo più alta che consentiva il controllo dei bastioni. Nell’ XI secolo con l’arrivo dei Normanni inizia la sistematica distruzione della poderosa cinta muraria dalla quale si traevano blocchi di pietra da riutilizzare per nuove costruzioni. Le mura furono costruite in più epoche con grossi conci di arenaria incastrati tra loro senza utilizzo di leganti, e la loro cronologia va dal VI al III secolo avanti Cristo. Furono rilevate la prima volta nel 1757 da Domenico e Filippo Pignatari e dal dott. D. Cesare Lombardi di Domenico. Nel 1830 Vito Capialbi esegue degli scavi per studiarne il perimetro,continuati poi nel 1900 quando furono portate alla luce per un breve tratto di circa 500 metri dall’archeologo trentino Paolo Orsi durante la sua campagna di scavi del 1916-1921. Ai piedi di queste colossali mura ancora oggi possiamo notare i segni delle grandi battaglie che si sono svolte fuori del loro perimetro per la conquista della città, infatti, davanti a una porta della cortina muraria vennero raccolti grandi quantitativi di proiettili in ferro, alcuni dei quali conficcati nei massi che la compongono.
Era una cortina muraria di difesa contro i continui attacchi dei nemici. Vi sono però delle particolarità in questa che ancora oggi viene considerata una delle più importanti e interessanti cortine murarie di difesa presenti nel sud Italia. Prima particolarità o caratteristica delle mura greche di Hipponion e che a parte le sopraelevazioni di mattoni crudi denominati “bresti” impastati con terra e paglia poi il resto della cinta muraria era costituita da questi enormi blocchi di pietra incastrati tra loro senza l’utilizzo di malta o altri tipi di leganti. L’altra particolarità invece è che la cortina muraria era monca, cioè lasciava uno lato scoperto dove non c’erano mura. Ma perché volutamente i coloni greci lasciarono questo lato privo di protezione con il rischio che i nemici potessero entrare con estrema facilità all'interno della città?
In realtà nulla fu lasciato al caso e i greci anzi sapevano il fatto loro. In effetti non c’era bisogno di difendere questo lato della città dal lato dove oggi vi è il Castello era già difeso naturalmente da un costone di collina profondo a strapiombo sulla Valle del fiume Mesima. Vista la conformazione del terreno i greci lasciarono questo lato esposto ad est di Hipponion completamente libero perché era praticamente impossibile per qualsiasi nemico arrampicarsi e penetrare all'interno della città. Delle antiche mura oggi è visibile solo un piccolo tratto di circa 500 metri.
Documenti da Vibo dolce nella memoria di Alberto Borello e SPQVIBO
Mappa del perimetro delle antiche mura di SPQVIBO [meno informazioni]
Le mura di Hipponion circondavano la città per un perimetro di circa 8 km ed erano intervallate da alte torri di avvistamento, tre torri semicilindriche poste su basamenti quadrati e una quarta torre d’angolo più alta che consentiva il controllo dei bastioni. Nell’ XI secolo con l’arrivo dei Normanni [...]Le mura di Hipponion circondavano la città per un perimetro di circa 8 km ed erano intervallate da alte torri di avvistamento, tre torri semicilindriche poste su basamenti quadrati e una quarta torre d’angolo più alta che consentiva il controllo dei bastioni. Nell’ XI secolo con l’arrivo dei Normanni inizia la sistematica distruzione della poderosa cinta muraria dalla quale si traevano blocchi di pietra da riutilizzare per nuove costruzioni. Le mura furono costruite in più epoche con grossi conci di arenaria incastrati tra loro senza utilizzo di leganti, e la loro cronologia va dal VI al III secolo avanti Cristo. Furono rilevate la prima volta nel 1757 da Domenico e Filippo Pignatari e dal dott. D. Cesare Lombardi di Domenico. Nel 1830 Vito Capialbi esegue degli scavi per studiarne il perimetro,continuati poi nel 1900 quando furono portate alla luce per un breve tratto di circa 500 metri dall’archeologo trentino Paolo Orsi durante la sua campagna di scavi del 1916-1921. Ai piedi di queste colossali mura ancora oggi possiamo notare i segni delle grandi battaglie che si sono svolte fuori del loro perimetro per la conquista della città, infatti, davanti a una porta della cortina muraria vennero raccolti grandi quantitativi di proiettili in ferro, alcuni dei quali conficcati nei massi che la compongono.
Era una cortina muraria di difesa contro i continui attacchi dei nemici. Vi sono però delle particolarità in questa che ancora oggi viene considerata una delle più importanti e interessanti cortine murarie di difesa presenti nel sud Italia. Prima particolarità o caratteristica delle mura greche di Hipponion e che a parte le sopraelevazioni di mattoni crudi denominati “bresti” impastati con terra e paglia poi il resto della cinta muraria era costituita da questi enormi blocchi di pietra incastrati tra loro senza l’utilizzo di malta o altri tipi di leganti. L’altra particolarità invece è che la cortina muraria era monca, cioè lasciava uno lato scoperto dove non c’erano mura. Ma perché volutamente i coloni greci lasciarono questo lato privo di protezione con il rischio che i nemici potessero entrare con estrema facilità all'interno della città?
In realtà nulla fu lasciato al caso e i greci anzi sapevano il fatto loro. In effetti non c’era bisogno di difendere questo lato della città dal lato dove oggi vi è il Castello era già difeso naturalmente da un costone di collina profondo a strapiombo sulla Valle del fiume Mesima. Vista la conformazione del terreno i greci lasciarono questo lato esposto ad est di Hipponion completamente libero perché era praticamente impossibile per qualsiasi nemico arrampicarsi e penetrare all'interno della città. Delle antiche mura oggi è visibile solo un piccolo tratto di circa 500 metri.
Documenti da Vibo dolce nella memoria di Alberto Borello e SPQVIBO
digi.Art Servizi Digitali ha realizzato un corto animato che ripropone la ricostruzione di un assalto alle Mura Greche di Hipponion Valentia, visibile su questo link https://fb.watch/4cHL-8Z4Vs/
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Le mura di Hipponion circondavano la città per un perimetro di circa 8 km ed erano intervallate da alte torri di avvistamento, tre torri semicilindriche poste su basamenti quadrati e una quarta torre d’angolo più alta che consentiva il controllo dei bastioni. Nell’ XI secolo con l’arrivo dei Normanni [...]Le mura di Hipponion circondavano la città per un perimetro di circa 8 km ed erano intervallate da alte torri di avvistamento, tre torri semicilindriche poste su basamenti quadrati e una quarta torre d’angolo più alta che consentiva il controllo dei bastioni. Nell’ XI secolo con l’arrivo dei Normanni inizia la sistematica distruzione della poderosa cinta muraria dalla quale si traevano blocchi di pietra da riutilizzare per nuove costruzioni. Le mura furono costruite in più epoche con grossi conci di arenaria incastrati tra loro senza utilizzo di leganti, e la loro cronologia va dal VI al III secolo avanti Cristo. Furono rilevate la prima volta nel 1757 da Domenico e Filippo Pignatari e dal dott. D. Cesare Lombardi di Domenico. Nel 1830 Vito Capialbi eseguì degli scavi per studiarne il perimetro,continuati poi nel 1900 quando furono portate alla luce. per un breve tratto di circa 500 metri. dall’archeologo trentino Paolo Orsi durante la sua campagna di scavi del 1916-1921. Ai piedi di queste colossali mura ancora oggi possiamo notare i segni delle grandi battaglie che si sono svolte fuori del loro perimetro per la conquista della città, infatti, davanti a una porta della cortina muraria vennero raccolti grandi quantitativi di proiettili in ferro, alcuni dei quali conficcati nei massi che la compongono.
Era una cortina muraria di difesa contro i continui attacchi dei nemici. Vi sono però delle particolarità in questa che ancora oggi viene considerata una delle più importanti e interessanti cortine murarie di difesa presenti nel sud Italia. Prima particolarità o caratteristica delle mura greche di Hipponion e che a parte le sopraelevazioni di mattoni crudi denominati “bresti” impastati con terra e paglia poi il resto della cinta muraria era costituita da questi enormi blocchi di pietra incastrati tra loro senza l’utilizzo di malta o altri tipi di leganti. L’altra particolarità invece è che la cortina muraria era monca, cioè lasciava uno lato scoperto dove non c’erano mura. Ma perché volutamente i coloni greci lasciarono questo lato privo di protezione con il rischio che i nemici potessero entrare con estrema facilità all'interno della città?
In realtà nulla fu lasciato al caso e i greci anzi sapevano il fatto loro. In effetti non c’era bisogno di difendere questo lato della città dal lato dove oggi vi è il Castello era già difeso naturalmente da un costone di collina profondo a strapiombo sulla Valle del fiume Mesima. Vista la conformazione del terreno i greci lasciarono questo lato esposto ad est di Hipponion completamente libero perché era praticamente impossibile per qualsiasi nemico arrampicarsi e penetrare all'interno della città.
Delle antiche mura oggi è visibile solo un piccolo tratto di circa 500 metri.
Documenti da "Vibo dolce nella memoria" di Alberto Borello e SPQVIBO
Se volete fare un tuffo nel passato, digi.Art Servizi Digitali ha realizzato un corto animato che ripropone la ricostruzione di un assalto alle Mura Greche di Hipponion Valentia, visibile su questo link https://fb.watch/4cHL-8Z4Vs/
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Chiesa barocca, a tre navate. Un altare dedicato a Santa Lucia con la statua della Santa risalente al 1600. Vi è poi la statua di San Rocco e di Sant'Antonio da Padova. Lungo la navata di destra troviamo l'altare troviamo l'altare dedicato alla Madonna del Buon Consiglio, con un dipinto olio su tela del 1700 raffigurante la [...]Chiesa barocca, a tre navate. Un altare dedicato a Santa Lucia con la statua della Santa risalente al 1600. Vi è poi la statua di San Rocco e di Sant'Antonio da Padova. Lungo la navata di destra troviamo l'altare troviamo l'altare dedicato alla Madonna del Buon Consiglio, con un dipinto olio su tela del 1700 raffigurante la Venerata con S. Biagio e S. Antonio Abate. [meno informazioni]
In piazza Alessio De Vito si trova un tiglio di oltre 240 anni. Per maggiori informazioni, consultare: https://www.sguardisullirpinia.it/guide-turistiche-360/summonte/monumenti-summonte/tiglio-monumentale.html
Torre cilindrica risalente al periodo angioino, su una preesistente costruzione normanna. Consta di una cisterna (al piano terra) risalente al XIII-XIV secolo, di un piano sopraelevato (con un pozzo) probabilmente destinato alla conservazione delle vettovaglie, di un primo piano (con feritorie chiuse) dov'è conservato il meccanismo [...]Torre cilindrica risalente al periodo angioino, su una preesistente costruzione normanna. Consta di una cisterna (al piano terra) risalente al XIII-XIV secolo, di un piano sopraelevato (con un pozzo) probabilmente destinato alla conservazione delle vettovaglie, di un primo piano (con feritorie chiuse) dov'è conservato il meccanismo restaurato dell'antico orologio della Chiesa di San Nicola di Bari. Vi è il secondo piano, all'interno del quale sono esposti alcuni reperti archeologici (esemplari di lucerne in ceramica ed una brocca) e alcuni reperti provenienti dalla chiesa di San Vito. Al terzo piano vi sono sei monofore ad arco policentrico. Infine vi è una terrazza. Per maggiori approfondimenti, consultare: https://www.sguardisullirpinia.it/guide-turistiche-360/summonte/monumenti-summonte/torre-angioina.html [meno informazioni]