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Provincia di BRINDISI

Capoluogo: Brìndisi

Scheda

 
Stemma della provincia Brindisi
   

Provincia di Brindisi - Ambiti

DEFINIZIONE È possibile ripartire la circoscrizione della provincia brindisina in due ambiti, individuati essenzialmente sulla base dei caratteri territoriali e urbanistici piuttosto che sulla base dell'analisi della capacità di attrazione e del raggio d'influenza dei suoi centri principali: la Pianura di Brindisi, che comprende la parte meridionale del territorio provinciale, e la Collina di Brindisi, in cui sono stati compresi anche i comuni di Carovigno e San Vito dei Normanni per l'uniformità socio-economica piuttosto che morfologico-orografica.

Pianura di Brindisi: Brindisi, Cellino San Marco, Erchie, Francavilla Fontana, Latiano, Mesagne, Oria, San Donaci, San Pancrazio Salentino, San Pietro Vernotico, Torchiarolo, Torre Santa Susanna.

Collina di Brindisi: Carovigno, Ceglie Messapico, Cisternino, Fasano, Ostuni, San Michele Salentino, San Vito dei Normanni, Villa Castelli.

PIANURA DI BRINDISI

Territorio. La pianura occupa la parte meridionale del territorio provinciale ed è compresa tra la costa adriatica e le province di Taranto e Lecce. È caratterizzata da terreni più fertili rispetto alla parte collinare della provincia e poggia su una base costituita da tufi arenaceo-calcarei e da sabbie o tufi incoerenti, che hanno originato i terreni agrari classificati nella tipologia delle “terre rosse” (costituite da argille ricche di ossidi metallici e insolubili). Caratterizzata da fenomeni carsici (il carsismo è il complesso delle forme del suolo tipiche di un territorio costituito di rocce solubili o fessurate, in cui le acque, dopo un breve percorso, sono inghiottite in profondità, dove alimentano un'idrografia sotterranea più o meno estesa), che escludono l'idrografia superficiale, la pianura è attraversata da corsi d'acqua a regime stagionale e di portata minima: il principale di questi corsi d'acqua è il Canale Reale (l'antico PACTIUS o AUSONIUS menzionato da Plinio il Vecchio nella NATURALIS HISTORIA), che taglia il territorio di Francavilla Fontana, da ovest verso est, per circa 18 chilometri. Il primo tratto, dalle sorgenti fino all'incrocio con la strada per Villa Castelli, è alimentato con acque dolci e pulite; il secondo tratto, prima di sfociare nell'Adriatico, diventa invece ricettacolo di scarichi di ogni tipo. Il territorio è punteggiato da cavità di natura carsica, che nel corso dei secoli hanno ospitato insediamenti rupestri: la Grotta dell'Annunziata -cripta sotterranea del VI secolo d.C.- e la Grotta di Santa Lucia, a Erchie; Masseria Santa Croce Inferiore e Masseria Caniglia, a Francavilla Fontana; la Cripta di San Giovanni, a Latiano, scoperta nel 1963 da tre archeologi mentre esploravano un'altra cavità naturale nelle vicinanze; Colle Iris e Salinelle, a Oria; Contrada Caretta, Guarnacchia, Pezza Viva e Farai, a San Pancrazio Salentino, che conservano i segni del passaggio dei monaci basiliani. Ultimi residui della “Foresta Oritana”, che fino a qualche secolo fa cresceva rigogliosa e ricca di piante e arbusti tipici della macchia mediterranea -cancellata quasi completamente dallo sviluppo della pratica agricola- sono: il Bosco di Contrada Veli (che fa da sfondo alla splendida Villa Neviera) e il Bosco Curtipitrizzi, a Cellino San Marco; il Bosco Bottari (sulle ultime propaggini della Murgia) e il Bosco Monacelle, a Francavilla Fontana; il Boschetto della Marangiosa, a Latiano; la Pineta Laurito e il Bosco in Contrada San Giovanni Lo Pariete, a Mesagne; la Pineta di Sant'Antonio alla Macchia, a San Pancrazio Salentino, costituita da un impianto artificiale di pino d'Aleppo; il Bosco Tramazzone-Cantamessa-Guarini-Maime, popolamento boschivo di circa 44 ettari che costeggia l'alveo del canale di bonifica Siedi, a San Pietro Vernotico, il cui territorio è caratterizzato dalla presenza di canali di bonifica che convogliano le acque interne al mare: il più importante è il Siedi, lungo le cui rive prosperano boschi di querce e macchia mediterranea. Al 1922 risale la bonifica delle paludi di San Donaci: centinaia di ettari di terreno furono sottratti all'acqua per fare spazio ai vigneti, successivamente divelti perché danneggiati dai frequenti impaludamenti. A Torchiarolo vanno segnalate le zone umide La Quatina e Canale Infocaciucci. Localizzata a Marina San Gennaro, La Quatina è una zona umida di particolare interesse ambientale poiché tra i suoi canneti e la macchia mediterranea offre asilo a specie ornitiche come aironi, anatre selvatiche e molti altri uccelli migratori. Il Canale Infocaciucci, che sbocca sulla marina di Lendinuso, ha gli argini ricoperti da canneti e macchia mediterranea, che ospitano specie ornitiche migratrici.

Comunicazioni. Al tracciato autostradale dell'A14 Bologna-Taranto, che serve parte del territorio provinciale, è affiancata una fitta rete di strade statali (n. 7 via Appia, n. 7 Ter Salentina, n. 16 Adriatica, n. 379 Egnazia e delle Terme di Torre Canne, n. 603 di San Giorgio Jonico, n. 605 di Mesagne, n. 613 Brindisi-Lecce) di estrema importanza per i collegamenti locali e con i capoluoghi pugliesi. Le linee ferroviarie Bari-Lecce, Taranto-Brindisi, Martina Franca-Casarano completano il quadro delle infrastrutture di trasporto.

Storia. La Pianura di Brindisi ha subito, nel corso dei secoli, l'influenza delle vicende storiche del capoluogo di provincia, città antichissima di origine preromana, fondata presumibilmente da popolazioni di stirpe illirica. Il toponimo latino BRUNDISIUM ricalca in maniera evidente il vocabolo messapico “Brention”, ‘testa di cervo', riferito alla forme del suo porto, simile al capo di questo animale. Frequentemente in lotta con Taranto e successivamente conquistata dai romani (266 a.C.) fu sede di colonie (246 a.C.), stazione navale della flotta da guerra e attivissimo porto verso l'Oriente. Unita a Roma con la via Appia (II secolo a.C.) ed elevata a municipio dopo la guerra sociale, fu al centro di alcuni dei maggiori episodi delle guerre civili: nell'83 a. C. vi sbarcò Silla con l'esercito dopo la vittoria su Mitridate; nel 49 a.C. rappresentò l'unica via di salvezza per Pompeo e i repubblicani incalzati da Cesare; successivamente fu spesso minacciata dalla flotta di Antonio in lotta con Ottaviano. Più volte presa e saccheggiata nel Medioevo, cadde per breve tempo nelle mani dei saraceni, fu loro tolta da Ludovico II e conquistata infine (1071) dai normanni. Visse un periodo di prosperità con i crociati, che da qui si imbarcavano per la Terra Santa; Federico II di Svevia fece ricostruire le mura romane e innalzare il castello a difesa del Seno di Ponente. Gli angioini, prosecutori della politica sveva volta a potenziare il porto, vollero erigere l'arsenale ma gli aragonesi, intorno alla metà del XV secolo, per meglio difendere la città dai turchi, fecero ostruire il canale navigabile e per tre secoli la vita marittima -e la vita economica- della città venne a mancare. Nel 1775 Andrea Pigonati riattivò il canale ma il porto riprese la sua attività di scalo verso l'Oriente solo dopo il 1869, quando l'apertura del Canale di Suez fece di Brindisi una tappa obbligata della “Valigia delle Indie”, e più tardi fu attrezzato come base militare. La reale ripresa della città è però ancora posteriore: solo nel 1927, anno in cui Brindisi fu elevata a capoluogo di provincia, la città visse un processo di espansione, che le fece raggiungere, nel 1950, l'entità demografica registrata all'epoca romana. Intorno alla vecchia città sorsero numerosi quartieri (rione Cappuccini e Commenda, alle spalle del nucleo storico, Casale e Paradiso, al di là del Seno di Ponente) e una vasta zona industriale, favorita da un apposito punto franco, fu realizzata nell'area affacciata sul Seno di Levante. Nel corso della prima guerra mondiale fu sede del comando alleato per il basso Adriatico da dove furono organizzate le operazioni di sgombero dell'esercito serbo dall'Albania. Il 10 settembre 1943 si rifugiarono a Brindisi Vittorio Emanuele III e Badoglio in fuga da Roma e la città fu sede ufficiale del governo italiano fino al febbraio 1944.

Struttura socio-economica. L'attività agricola rappresenta per questo territorio il settore economico che assorbe il maggior numero di unità lavorative: oltre il 95% del territorio non urbanizzato è coltivato ed è punteggiato da numerose aziende di piccole e medie dimensioni, in prevalenza a conduzione familiare. La produzione agricola è incentrata soprattutto sulle colture arboree, che occupano oltre i due terzi della superficie coltivata: la coltura predominante è quella dell'olivo, seguita da quella della vite. La vite e l'olivo, note dominanti del paesaggio brindisino, vantano nella zona una presenza millenaria e rappresentano una risorsa economica di primaria importanza perché alimentano una vivace attività di trasformazione, che garantisce produzioni olearie ed enologiche di qualità. La varietà di olive maggiormente coltivata è la “Cellina di Nardò”, da cui si ricava l'olio “Terra d'Otranto”, fregiato del riconoscimento comunitario Dop (Denominazione di origine protetta). La viticoltura, ridimensionata a causa degli incentivi offerti per l'estirpazione dei vigneti, è orientata verso produzioni di pregio: la varietà di vite più coltivata nella zona è il “Negro amaro”, che, unito alla “Malvasia nera”, produce vini rossi e rosati di qualità. La restante quota delle coltivazioni è occupata dai seminativi, principalmente grano duro e ortaggi (pomodori, carciofi, angurie, meloni, melanzane e peperoni). L'attività zootecnica è limitata a piccoli allevamenti bovini, ovini e caprini (in massima parte a conduzione familiare) e alimenta produzioni casearie tipiche: canestrato, cacioricotta, ricotta, mozzarella, ricotta forte. Nel tessuto industriale prevalgono le industrie chimiche, petrolchimiche e metalmeccaniche, concentrate prevalentemente nel capoluogo di provincia, dove un ruolo di primo piano hanno assunto i tradizionali settori di trasformazione dei prodotti agricoli. Brindisi ha inoltre il ruolo tradizionale di centro amministrativo e di mercato agricolo dell'entroterra.

COLLINA DI BRINDISI

Territorio. La collina occupa la parte settentrionale del territorio provinciale, nel quale ricadono le ultime propaggini meridionali dell'altopiano calcareo delle Murge, che a sud scendono gradatamente nella pianura. L'area è delimitata e est dalla costa adriatica, a ovest dalla provincia di Taranto e a nord dalla provincia di Bari. La maggior parte del comprensorio collinare ha un'altitudine superiore ai 200 metri sul livello del mare e raggiunge l'altezza massima di 396 metri con la Selva di Fasano. La collina, costituita da roccia di natura calcarea -ricoperta da un sottile strato di terra rossa- è articolata in terrazze, ampi avvallamenti, grotte, disegnate dai fenomeni carsici, che escludono l'idrografia superficiale: le acque meteoriche infatti s'infiltrano nel sottosuolo e formano corsi d'acqua e depositi sotterranei, che in prossimità della costa alimentano numerose sorgenti. Gli insediamenti abitati sono distribuiti: lungo i margini del bastione roccioso delle Murge, alle spalle della fascia costiera (Fasano, Ostuni, Carovigno e San Vito dei Normanni); su una ubicazione più interna (Ceglie Messapica, San Michele Salentino e Villa Castelli); nella valle d'Itria, nella quale ricadono Cisternino e Ostuni. La valle d'Itria, nota anche come Comprensorio dei Trulli e delle Grotte, abbraccia una vasta area compresa tra le province di Taranto, Bari e Brindisi ed è punteggiata da boschi, vigneti, muretti a secco e trulli, espressione di un'architettura spontanea, le cui prime manifestazioni comparvero qui nel XVI secolo. Più recente è l'urbanizzazione della costa, che conta insediamenti turistici e piccoli porti (Savelletri, Villanova, Torre Santa Sabina), che garantiscono l'attracco a pescherecci e natanti da diporto. Tra le risorse ambientali vanno segnalati: il Bosco Montedoro, il Bosco delle Monache della Bontà e le Grotte di Montevicoli, a Ceglie Messapica; il Bosco Monti Comunali e la Pineta e la Villa Comunale, a Cisternino; il Bosco San Donato, il Bosco Signora Pulita, le gravine e lo Zoosafari (parco faunistico che conta oltre 3.000 esemplari appartenenti a 120 specie differenti), a Fasano; il Bosco Lamacoppa, a Ostuni; il Bosco Deserto, a San Vito dei Normanni; il Bosco “Lu Turdalur” e le gravine, a Villa Castelli. Tipiche del paesaggio carsico pugliese sono le gravine di Fasano e Villa Castelli: le gravine sono fenditure che attraversano il terreno, da cui affiorano rocce di natura calcarea, di colore biancastro o nocciola, stratificate e fratturate; spesso, a profondità variabili, corre una ricca falda acquifera a pressione. Questa conformazione è caratterizzata dalla presenza di leccio, querce sempreverdi, lentisco, olivastro, carrubo, ginestre e altre essenze che costituiscono la macchia mediterranea. L'area collinare è inoltre punteggiata da insediamenti rupestri, antica dimora di monaci basiliani: la Grotta di San Michele e la Grotta di Madonna della Grotta, a Ceglie Messapica; Lama d'Antico, San Lorenzo, San Francesco e Santa Virgilia, a Fasano, villaggi interamente scavati nella roccia con cripte decorate da affreschi bizantini; San Biagio, San Giovanni e San Nicola, a San Vito dei Normanni. A Carovigno va segnalata la presenza della Riserva Naturale Marina di Torre Guaceto, una zona umida costiera la cui importanza è stata riconosciuta dalla Convenzione di Ramsar (Iran) del 1971. Il promontorio con la torre e il litorale formano una baia chiusa da tre isolotti; l'interno della baia è occupato dalla palude mentre la macchia riveste l'area a nord della riserva. Ai lati della palude e della macchia si estende un sistema di dune con una florida vegetazione di piante pioniere (calcatreppia marina, euforbia mediterranea, gramigna delle spiagge). La fauna è varia: il canneto offre riparo a una molteplicità di volatili (porciglioni, voltolini, schiribille, anatre selvatiche e aironi) e verso il mare si librano gabbiani, berte maggiori e minori. La zona di mare antistante la riserva è stata dichiarata nel 1990, con decreto del Ministero dell'Ambiente (di concerto con quello della Marina Mercantile), Riserva Naturale Marina per l'alta diversità biologica che caratterizza i diversi ambienti marini, dalla costa fino a 5 miglia al largo.

Comunicazioni. Una fitta rete di strade statali (n. 7 via Appia, n. 16 Adriatica, n. 172 Diramazione Dei Trulli, n. 379 Egnazia e delle Terme di Torre Canne, n. 581 di Massafra, n. 605 di Mesagne) affianca il tracciato autostradale dell'A14 Bologna-Taranto. Il trasporto su rotaia è garantito dalle linee Bari-Lecce, Taranto-Brindisi e Martina Franca-Casarano.

Storia. I rinvenimenti archeologici testimoniano la presenza umana già dall'età preistorica: queste comunità umane andarono sempre più infittendosi fino a raggiungere un numero considerevole di insediamenti nell'età del Bronzo. L'apporto di civiltà d'oltremare e la scoperta dei metalli portarono all'esaurimento della funzione di questi villaggi di capanne, che sorgevano lungo paleoalvei di fiumi ora scomparsi o presso estese doline, e portarono all'edificazione dei primi agglomerati urbani. Grazie alla posizione strategica Ceglie divenne la capitale militare della Messapia: sostenne dure lotte con Taranto, interessata per ragioni commerciali a creare uno sbocco sull'Adriatico lungo il litorale Egnazia-Carbinia, sottoposto alla giurisdizione politico-militare di Ceglie e Oria. Al tempo del dominio romano Ceglie fu ridotta invece a un villaggio di modeste dimensioni e questa situazione di decadenza continuò per tutto il Medioevo. Con i longobardi le colline furono punteggiate di casali e masserie, nuclei di case edificati intorno a piccole chiese; un lungo periodo di stabilità dopo la guerra tra ostrogoti e bizantini fece rifiorire l'agricoltura e la vita civile dopo la decadenza seguita alla fine del dominio romano. Il diritto longobardo portò inoltre in campo contrattuale e nei rapporti familiari sostanziali innovazioni. Alle incursioni saracene fecero seguito le dominazioni normanna, sveva, angioina e aragonese. Il malgoverno, le oppressioni fiscali e la breve parentesi napoleonica spinsero la popolazione a un'attiva partecipazione ai moti risorgimentali fino all'annessione al regno d'Italia. La storia successiva fu segnata dallo sviluppo della piccola proprietà, che conviveva con proprietà di media grandezza sopravvissute o nate dalla crisi del latifondo feudale, e dai due conflitti mondiali.

Struttura socio-economica. La Collina di Brindisi è da sempre una zona vocata alle attività agricole, che rappresentano il settore che assorbe il maggior numero di unità lavorative, distribuite tra migliaia di aziende di piccole e medie dimensioni, a conduzione familiare. La coltura più diffusa è quella dell'olivo, che occupa più della metà della superficie coltivata, dal suolo roccioso della Murgia alla fascia costiera, e garantisce la produzione di un ottimo olio denominato “Collina di Brindisi”, fregiato della Denominazione di origine protetta. Una contrazione di superficie ha subito la coltura del mandorlo, spesso associato all'olivo e ai seminativi. I vigneti sono localizzati principalmente nella valle d'Itria, a Montemarcuccio e nel Canale di Pirro mentre la restante superficie agricola è occupata dai seminativi (soprattutto grano duro e ortaggi), coltivati lungo la fascia costiera. Nella zona collinare è allevata buona parte del patrimonio zootecnico provinciale: gli allevamenti bovini e ovini alimentano la produzione di ottimi formaggi, sia freschi che stagionati. L'atti vità artigianale, da sempre espressione della manualità delle civiltà rurali, è fortemente legata alla natura e alla terra, che forniscono le materie prime per la produzione artigianale: a Fasano, Cisternino, Carovigno e Ostuni gli artigiani lavorano cesti intrecciati in giunco, canne e rami d'ulivo, a Carovigno splendidi ricami e a Fasano oggetti in ferro battuto, rame e ottone. Il tessuto industriale conta aziende attive nei comparti alimentare, tessile e dell'abbigliamento, calzaturiero, metallurgico e della produzione e distribuzione di gas ed energia elettrica.

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