LETTERATURA DIALETTALE LOMBARDA:
I dialetti lombardi hanno subito nel corso dei secoli il predominio di quello milanese, che ha imposto man mano le proprie inflessioni e i propri cantori. Il primo di essi che merita di essere menzionato è Giovanni Paolo Lomazzo che, con lo pseudonimo di Compà Zavargna, diede lustro al dialetto della Valle del Blenio e all'Accademiglia de Bregn con gustose parodie della letteratura importante, conosciute con il termine di Rabisch. Nello stesso periodo si forma e si fa conoscere l'Accademia della Badia, i cui adepti sfornano una copiosa produzione letteraria, fatta di poesie e racconti in prosa, scritta nel dialetto della Val d'Intragna, meglio conosciuto come 'lengua fachina'. Caposaldo della letteratura dialettale, cui faranno poi riferimento tutti i successivi poeti e scrittori, è Carlo Maria Maggi, che nel 1700 sostituì ai dialetti della campagna quello cittadino. Nelle precedenti opere la narrazione si incentrava sul campagnolo Baltramm da la Gippa che, goffo e impacciato, si misurava con la furbizia, prettamente cittadina, di Baltramina. Il Maggi diede vita nelle sue opere a vari personaggi, in special modo dame, tipici della Milano seicentesca, e tra essi, il più importante è Meneghino (v. MENEGHINO). La mania dello scrivere in dialetto contagiò in seguito tutti gli strati della popolazione, compresa la nobiltà, ed ebbe il suo massimo rappresentante in Carlo Porta (v. PORTA CARLO), la cui produzione letteraria resta ancora oggi insuperata. Attorno a lui si raccolsero numerosi altri letterati, che diedero origine ad un circolo culturale conosciuto con il termine di 'camaretta'. La produzione letteraria nei rimanenti dialetti lombardi resta così un po' in second'ordine, anche se non mancano opere degne di essere ricordate. A Lodi, ad esempio, meritano attenzione la commedia Sposa Francesca e la traduzione dialettale del XXVIII canto della Gerusalemme Liberata, entrambe dello scrittore Francesco di Lemene. Il dialetto bergamasco, il più parlato per un certo periodo, fu tra i primi ad essere usato e diede origine ad un tipo di letteratura conosciuta con il termine di 'zannesca e facchinesca'. Nel Settecento lo scrittore Angelini raccolse in un vocabolario bergamasco tutti i termini e le inflessioni dialettali e, tra la fine dell'Ottocento e i primi del Novecento, curò la pubblicazione del periodico dialettale 'Giopì'. Da menzionare, infine, sono la pubblicazione dell'almanacco 'Giarlett', in dialetto pavese, e la fondazione, sempre nella città di Pavia, dell'Accademia della Basletta, che riunì un buon numero di poeti e scrittori dialettali locali, la cui produzione letteraria è tipicamente incanalata in canoni popolari e scherzosi.