MENEGHINO:
Maschera milanese d'incerta origine; introdotta in teatro alla fine del Seicento da Carlo Maria Maggi, rappresenta il servo sentenzioso e fedele, furbo e astuto, dotato di vivace intuito. È un servo privo di spirito servile, a volte irriverente, con una morale pronta ad accettare le avversità della vita, nella quale tuttavia non si ravvisa soltanto una passiva rassegnazione ma piuttosto un senso di fiduciosa attesa di tempi migliori. Meneghino è presumibilmente un diminutivo di Domenico, nome comune nel contado milanese; nome che, secondo la tradizione, indica quei servi che, per modesta paga, la domenica scortavano a messa le dame che non potevano permettersi un servitore a tempo pieno. Il cognome di Meneghino, Pecenna (pettine, striglia), sembra derivare dal fatto che il servo della domenica non si limitava ad accompagnare la dama a passeggio ma si adattava anche a sistemarne l'acconciatura. Meneghino è la fedele riproduzione del costume rustico: parla alla maniera dei contadini, la pensa come loro e dietro la maschera dell'ignoranza deplora i vizi del suo tempo e ne rivela le magagne con amaro sarcasmo. Veste un costume settecentesco: porta calzoni corti, giacca a righe, giubba e tricorno marrone, parrucca con codino. Nella prima metà dell'Ottocento Meneghino ha trovato interpreti eccezionali in Gaetano Piomarta e, soprattutto, in Giuseppe Moncalvo, il quale ha nobilitato l'antica maschera sottraendola del tutto ai rigidi schemi della farsa. Anche Carlo Porta ha contribuito a dare nuovo vigore letterario al personaggio, fornendolo di uno spirito arguto e vivacissimo e di una comicità irresistibile. Durante il Risorgimento, un intollerante disprezzo per la dominazione straniera ha fatto di Meneghino un simbolo di libertà e d'indipendenza. In seguito, la maschera è stata relegata insieme alla Cecca, sua moglie, nel teatro delle marionette, dove tuttavia continua a divertire i bambini con il suo schietto linguaggio ricco di frizzi e di sentenze. V. anche CECCA e MAGGI CARLO MARIA e PORTA CARLO