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PARCO DEI NEBRODI

Approfondimento

Approfondimento: PARCO DEI NEBRODI

Istituito nel 1993, abbraccia le province di Catania, Enna e Messina e occupa una superficie di circa 85.600 ettari. Posta nella Sicilia settentrionale, la catena montuosa dei Nebrodi costituisce il prolungamento dell'appennino calabrese e dei Peloritani; ne conserva, infatti, le peculiarità salienti: rilievi arrotondati, che si elevano fino ai 1.847 metri del monte Soro; ampie estensioni di boschi, un tempo immense foreste; abbondanza di acque, che danno luogo a molte zone umide. Insieme alle Madonie (a occidente) e ai Peloritani (a oriente), i Nebrodi costituiscono l'Appennino siculo. Bagnati a nord dal Mar Tirreno, sono delimitati a sud dall'Etna nonché dai fiumi Alcantara e Simeto (nella parte iniziale del suo corso); danno origine a un paesaggio che trova gli elementi caratterizzanti nell'asimmetria dei vari versanti, nella diversa modellazione dei rilievi, nella vegetazione ricchissima e negli ambienti umidi. La presenza di estesi banchi di rocce argilloso-arenacee conferisce un andamento orografico dolce ai rilievi dai fianchi arrotondati, confluenti in vallate ampie, attraversate da numerose fiumare, che vanno a sfociare nel mar Tirreno. Non mancano nel paesaggio elementi dolomitici, là dove predominano i calcari: i profili diventano irregolari e le forme aspre e fessurate: è quanto avviene per il monte San Fratello e, ancor più, per le Rocche del Crasto (1.315 metri di altitudine). Definiti dagli arabi "un'isola nell'isola", i Nebrodi risultano subito sorprendenti per quanti vi si avvicinino con impressa l'immagine stereotipata della Sicilia: quella di un'isola arida e bruciata dal sole; vi dominano, infatti, ricchi e suggestivi boschi, ampi e verdi pascoli d'alta quota, laghi silenziosi e torrenti fluenti. Allontanandosi dalla costa e salendo di quota si individuano facilmente precisi piani vegetazionali, generati non soltanto dalla differenza di altitudine ma anche dalla compresenza di elementi fisici che contribuiscono a determinare favorevoli situazioni ecologiche, insieme alla temperatura e alle abbondanti precipitazioni piovose e nevose. Fra le specie arboree più significative si trovano: fagus sylvatica, quercus cerris e quercus suber. Sono presenti anche formazioni con quercus ilex, taxus baccata, ilex aquifolium e interessanti ambienti lacustri e rupestri. In particolare, i boschi di lecci e sughere occupano la fascia fino agli 800 metri; li precedono formazioni a macchia mediterranea sempreverde e coltivazioni (dal livello del mare fino ai 600-800 metri, che individuano il piano mediterraneo), in cui predominano l'euforbia, il mirto, il lentisco, la ginestra e dove si riconoscono specie a foglie strette, fra le quali il corbezzolo; procedendo, si trovano cerri, roverelle in associazione, talvolta, con tasso, acero e frassino. La sughereta può essere rinvenuta allo stato puro, in condizioni favorevoli di clima e suolo, ma si trova più spesso con altre specie, come il leccio e la roverella, con un fitto sottobosco. Oltre gli 800 metri di quota, via via fino ai 1.200-1.400 metri, si passa al piano supramediterraneo, in cui trovano il loro ambiente le querce di caducifoglie. Fra le numerose specie presenti, è particolarmente diffusa la roverella ma vi si trovano anche la rovere e la quercus gussonei che, secondo i substrati geologici e l'esposizione dei versanti, danno vita a popolamenti apprezzabili. Il cerro, pure molto diffuso, domina le zone più fresche, soprattutto quelle esposte a settentrione. Il sottobosco è dato da numerose specie fra le quali, oltre all'agrifoglio, al pungitopo, al biancospino e alla daphne, si trova il tasso, una specie particolarmente longeva che riesce a sopravvivere in condizioni microclimatiche molto circoscritte. Le estese faggete occupano circa 10.000 ettari e si trovano dai 1.200-1.400 metri in poi, nel piano montano-mediterraneo, dove vivono quasi in purezza: sono rari gli esemplari di acero montano, acero campestre e frassino che talvolta le accompagnano. Fra gli affioramenti di rocce calcaree vive la vegetazione rappresentata da lentisco, valeriana rossa e bocche di leone. Il nome dei Nebrodi riporta ai tempi in cui costituivano il regno di cerbiatti ma anche di daini, orsi, caprioli: deriva infatti dal greco "nebros" che vuol dire, appunto, cerbiatto; tuttora la zona riesce a conservare una ricchezza faunistica che, al confronto con il resto della Sicilia, contrasta con il progressivo impoverimento ambientale cui si assiste nella regione. Verso la fine degli anni Venti del XX secolo vennero abbattuti gli ultimi lupi e agli inizi degli anni Sessanta scomparvero i grifoni (che popolavano le Rocche del Crasto), sterminati dai bocconi avvelenati sparsi sul territorio, in vero destinati alle volpi. L'alta varietà ambientale del parco dei Nebrodi consente a ricche e complesse comunità faunistiche di trovarvi un ambiente per loro favorevole: risultano numerosi i piccoli mammiferi, i rettili e gli anfibi; diverse sono le specie di uccelli nidificanti e di passo; elevato il numero di invertebrati. Molto rare sono alcune specie di mammiferi, fra i quali si trovano: l'istrice (hystrix cristata); il gatto selvatico (felis sylvestris) e la martora (martes martes); tra i rettili sono: la testuggine comune (testudo hermanni) e, soprattutto, la testuggine palustre (emys orbicularis); tra gli anfibi, infine: il discoglosso (discoglossus pictus) e la rana verde minore (rana esculenta). Numerose risultano le specie di uccelli rinvenute sui Nebrodi (ne sono state classificate circa 150), fra le quali si riconoscono quelle endemiche di grande interesse, alcune delle quali sono: la cincia bigia di Sicilia (parus palustris siculus) e il codibugnolo di Sicilia (aegithalos caudatus siculus). Diversi rapaci trovano ospitalità nelle zone aperte ai margini dei boschi; fra questi: la poiana (buteo buteo), il gheppio (falco tinnunculus), il lanario (falco biarmicus), il nibbio reale (milvus milvus) e il falco pellegrino (falco peregrinus), mentre l'aquila reale (aquila chrysaetos) trova il suo ambiente ideale nelle zone rocciose aspre e fessurate delle Rocche del Crasto. Se le zone umide sono preferite da tuffetto (podiceps ruficollis), folaga (fulica atra), ballerina gialla (motacilla cinerea), merlo acquaiolo (cinclus cinclus) e martin pescatore (alcedo atthis), le aree pascolative costituiscono ambiente d'elezione per la ormai rara coturnice di Sicilia (alectoris graeca whitakeri), per l'upupa (upupa epops), dall'inconfondibile ciuffo erettile, e per il corvo imperiale (corvus corax), dal volo potente. L'avifauna di passo è rappresentata dal cavaliere d'Italia (himantopus himantopus) e dall'airone cinerino (ardea cinerea) e la fauna di invertebrati risulta ricchissima, come si induce dai sorprendenti risultati delle recenti ricerche scientifiche: su 600 specie censite, di una piccola parte della fauna esistente, 100 sono nuove per la Sicilia, 25 nuove per l'Italia e 22 nuove per la scienza. Costituiscono sicuramente un aspetto rilevante del paesaggio le farfalle (di cui si contano oltre 70 specie) e i carabidi (che fanno contare oltre 120 specie). Nel parco si trovano numerosi esemplari di cavallo sanfratellano (originario di questi monti), una razza preziosa per i caratteri peculiari e per il ridotto numero di esemplari: è il cavallo dei monti Nebrodi, che negli ultimi decenni è stato oggetto di importanti studi scientifici e che si pone in evidenza sempre maggiore fra le razze equine.

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