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COLONNA

Approfondimento

Approfondimento: COLONNA

Potente famiglia principesca romana, discesa probabilmente dai conti di Tuscolo, che raggiunse lustro e potenza già dai primi anni del XII secolo e che ebbe un ruolo di rilievo nella storia di Roma e della Chiesa. Ebbe moltissime diramazioni tra cui quella di Gallicano, di Palestrina, di Paliano, di Stigliano, di Altavilla, di Sicilia, di Reitano e di Sciarra; alcune di queste linee sono tuttora fiorenti e nel corso dei secoli si sono a loro volta suddivise in numerose ramificazioni, imparentandosi con altre famiglie romane, tra cui i Barberini (1627). Innumerevoli sono le figure di rilievo della famiglia. Il capostipite fu Pietro (XII secolo) signore di Monteporzio e del castello della Colonna -situato vicino i Colli Albani- che la famiglia possedeva dall'XI secolo e da cui prese il nome. La storia dei Colonna fu caratterizzata da continue alleanze e contrasti con i papi. Nel XII secolo i membri della casata sostennero Onorio II e Gregorio IX contro Federico II di Svevia ma, essendo passati a sostenere la parte ghibellina, persero il favore dei pontefici. Furono inoltre coinvolti nelle lotte politiche per il potere tra le varie famiglie nobili romane, tra cui i Caetani e gli Orsini, di parte guelfa. Il primo cardinale della famiglia fu Giovanni (morto nel 1216), eletto nel 1193; egli fu protettore di Francesco d'Assisi e legato papale. Un altro Giovanni (morto nel 1244) fu nominato cardinale nel 1212, fu legato pontificio nella quinta crociata e nel 1240 passò dalla parte dei ghibellini e degli imperiali: finì sconfitto e prigioniero delle forze di papa Gregorio IX e degli Orsini, che distrussero le case dei Colonna. Tra i beni che questi ultimi possedevano fuori Roma a metà del XIII secolo si ricordano Palestrina, Zagarolo, Colonna e Capranica. Durante questo secolo le sorti dei Colonna si risollevarono grazie all'aiuto che essi concessero a papa Niccolò III Orsini per abbattere gli Annibaldi; in seguito a ciò nel 1278 il papa nominò cardinale Giacomo Colonna (morto ad Avignone nel 1318). Questi, divenuto membro principale della famiglia, nel 1294 insieme a suo nipote, il cardinale Pietro (morto ad Avignone nel 1326), ad altri potenti signori romani e agli spirituali francescani, si oppose violentemente alla nomina di Bonifacio VIII, appartenente alla potente famiglia avversa dei Caetani: accusandolo apertamente di eresia e simonia e di aver costretto Celestino V ad abdicare, lo dichiarò decaduto. Il papa ordinò quindi la confisca dei beni della famiglia, che passarono ai Caetani, e la distruzione delle fortezze di Palestrina e Zagarolo, spogliando inoltre i discendenti dei Colonna, fino al quarto grado, di ogni dignità. A causa di questo provvedimento i Colonna furono espulsi dallo Stato della Chiesa e si rifugiarono in Francia. Qui si allearono con Filippo IV il Bello e organizzarono l'attentato di Anagni, dove sorgeva il palazzo pontificio (1303): secondo una tradizione, ricordata da Dante nel Purgatorio, in quell'occasione Sciarra, nipote di Giacomo, schiaffeggiò il papa. I Colonna tornarono a Roma alla morte di Bonifacio VIII (1303), ottenendo l'appoggio di Clemente V -iniziatore della cattività avignonese del Papato nel 1309- che restituì alla famiglia titoli e beni e a Giacomo e Pietro la dignità cardinalizia (1306). Durante il periodo avignonese i membri della famiglia continuarono a godere della protezione dei pontefici e spadroneggiarono a Roma, dove continuarono a essere ora in opposizione ora in alleanza con gli Orsini. Nella lunga e sanguinosa lotta contro questi ultimi si distinsero il già citato Sciarra e il fratello Stefano. Il primo, dopo aver usurpato la dignità senatoria nel 1313, da fedele ghibellino sostenne l'incoronazione a Roma di Ludovico il Bavaro (1328); fu perciò mandato in esilio e morì l'anno successivo. Stefano (morto intorno al 1350), conte di Romagna (1290) e più volte senatore di Roma, fu colui che nel 1297 scatenò la guerra contro Bonifacio VIII, depredandone il tesoro sulla via Appia. Ritornato dall'esilio in Francia, riprese possesso dei domini sottratti dai Caetani, riportando la sua famiglia al centro della vita politica romana. Riaperte le ostilità contro gli Orsini, nel 1310 con l'aiuto di Enrico VII li scacciò dalla città; tuttavia, a differenza di Sciarra e di altri membri della famiglia, Stefano parteggiò in seguito per i guelfi e per papa Giovanni XXII, e si oppose a Ludovico il Bavaro in occasione della sua incoronazione a Roma. Un duro colpo gli fu però inflitto nel 1347 dal tribuno Cola di Rienzo che a Porta San Lorenzo compì una strage dei Colonna. L'apice della potenza della famiglia fu raggiunto quando Oddone (1368-1431), del ramo di Gallicano, venne eletto papa col nome di Martino V nel corso del concilio di Costanza (1417). Abile e saggio diplomatico, una volta tornato a Roma nel 1420 si impegnò fino alla morte a restaurare la supremazia dell'autorità papale, dando inizio alla creazione dello Stato Pontificio. Il suo maggiore sforzo fu profuso in favore dell'unità della Chiesa, tanto che nel 1429 riuscì a porre fine allo scisma d'Occidente ottenendo la rinuncia dell'ultimo antipapa Clemente VIII. Trascurò, tuttavia, l'esigenza di una riforma generale della Chiesa, cosa che aprì la strada alla riforma protestante. Inaugurò il nepotismo, aumentando la potenza dei suoi parenti con concessione di favori, feudi e titoli: i suoi due fratelli, Giordano e Lorenzo, ricevettero dalla regina Giovanna alcune terre nel regno di Napoli, come Amalfi e Salerno, mentre altri suoi parenti ricevettero nel Lazio i domini di Ardea, Nettuno, Astura, Frascati, Rocca di papa, Capranica e Paliano. Durante il suo pontificato Martino V si dedicò alla ricostruzione edilizia e all'abbellimento di Roma, trascurata per decenni e perciò in condizioni di estrema decadenza e rovina, e iniziò la costruzione del palazzo Colonna, che oggi ospita una galleria d'arte. Alla sua morte nel 1431 ebbe inizio il periodo più burrascoso per i Colonna, che si vennero a trovare in netto contrasto con gli Orsini e i pontefici, iniziando così a perdere potere. Tra i membri che ebbero parte attiva nelle lotte contro gli Orsini ci furono Antonio (morto nel 1471) principe di Salerno e conte d'Alba, che lottò contro papa Eugenio IV, alleato degli Orsini, che voleva indietro i possessi ottenuti dai Colonna grazie a Martino V; Prospero (1452-1523) e il cugino Fabrizio (morto nel 1520), entrambi capitani di ventura, che sostennero prima Innocenzo VIII contro il re di Napoli Ferdinando I d'Aragona nella guerra seguita alla congiura dei baroni (1485-86), poi Carlo VIII durante l'invasione del regno di Napoli (1494) e infine Ferdinando II d'Aragona contro Carlo VIII. Ferdinando II li ricoprì di onori e beni: Prospero fu nominato signore di Fondi, di Traetto e di altre terre nel regno di Napoli, Fabrizio ebbe altri feudi oltre la riconferma dei domini in Abruzzo. Passati al servizio della Spagna, entrambi combatterono contro i francesi nella famosa disfida di Barletta (1503) e in altre battaglie. Prima Prospero nel 1501, poi Fabrizio nel 1515 ebbero il titolo di gran conestabile del regno di Napoli, carica che divenne ereditaria nella famiglia. Nel 1511 Fabrizio stipulò, grazie alla mediazione del papa, la "pace romana" con gli Orsini e allo scoppio della guerra della Lega santa fu nominato governatore e luogotenente generale delle forze spagnole in Italia. Per la sua abilità militare Machiavelli scelse Fabrizio come uno degli interlocutori nei dialoghi sull'arte della guerra. Prospero, impegnato a combattere al servizio di Carlo V contro i francesi, divenne comandante supremo dell'esercito imperiale in Italia e nel 1522 riportò la vittoria della Bicocca. Altri Colonna impegnati nelle armi furono Ascanio (morto nel 1557) e Pompeo (1479-1532). Il primo, figlio di Fabrizio, fu capitano di ventura e conestabile del regno di Napoli (1520); entrato a Roma con l'esercito imperiale nel 1527, saccheggiò il Vaticano e costrinse Clemente VII a rifugiarsi in Castel Sant'Angelo. Ebbe il governo dell'Abruzzo e morì in prigione, accusato di tradimento dagli spagnoli. Il secondo fu dapprima uomo d'armi e combatté sia contro gli Orsini sia, al servizio della Spagna, contro i francesi a Barletta, Cerignola e Garigliano; in seguito, per volere della famiglia e non per vocazione, divenne ecclesiastico e nel 1517 ricevette la porpora da papa Leone X, acquistando una grande potenza. Nel 1523 si oppose all'elezione di Clemente VII e, appoggiando la politica imperiale di Carlo V, nel 1526 assalì il Vaticano e San Pietro e nel 1527 partecipò al sacco di Roma; per questo motivo fu privato della dignità cardinalizia e i suoi palazzi, fulcro della vita mondana e artistica di Roma, furono distrutti. Solo dopo aver contribuito alla liberazione del pontefice, riebbe i suoi beni e titoli; fu poi luogotenente e viceré del regno di Napoli nel 1530. Un cenno a parte merita Vittoria (1490-1547), figlia di Fabrizio, che sposò nel 1509 Ferdinando d'Avalos, marchese di Pescara; rimasta vedova nel 1525, visse in austero ritiro nei monasteri, scrivendo versi petrarcheggianti e intessendo una profonda amicizia con Michelangelo. La riconciliazione tra la casata dei Colonna e la Santa Sede ebbe luogo nel XVI secolo sotto il pontificato di Pio IV. In seguito a ciò i Colonna riconquistarono ricchezza, diritti e prestigio (1561-62) e ottennero il titolo di principi assistenti al soglio. Artefice della riappacificazione fu l'ammiraglio Marcantonio (1535-1584), duca di Paliano. Durante i contrasti tra Paolo IV e la Spagna, Marcantonio si schierò contro il papa e divenne comandante della cavalleria spagnola; il gesto gli costò la scomunica e la confisca di tutti i beni. Fu nominato capitano generale dell'esercito spagnolo e minacciò più volte Roma. Alla morte del pontefice nel 1559, Pio IV gli restituì i beni perduti e nel 1569 Pio V lo fece principe di Paliano. In qualità di capitano generale della flotta pontificia contribuì alla decisiva vittoria di Lepanto contro i turchi (1571) e nel 1577 Filippo II di Spagna lo nominò viceré di Sicilia. In seguito la famiglia Colonna si distinse per la fedeltà messa al servizio del Papato e della Spagna, ricoprendo cariche di prestigio nel regno di Napoli e in Spagna e ricevendo vari titoli tra cui quello di principi di Sonnino e di duchi di Marino. La casata dovette però rinunciare ad alcuni domini, come Colonna, che passò ai Ludovisi (1622), e Palestrina, che nel 1630 fu ceduta ai Barberini da Francesco (morto nel 1636), principe di Palestrina; generale al servizio di Alessandro Farnese e di Ambrogio Spinola, Francesco ricevette da Urbano VIII il titolo di principe di Carbognano. Un altro esponente, Lorenzo Onofrio (morto nel 1689), duca di Tagliacozzo e principe di Paliano e Castiglione, fu gran conestabile del regno di Napoli, viceré d'Aragona e poi di Napoli; fece costruire a Roma la galleria Colonna. Nel 1780 il matrimonio tra Filippo III e Cristina di Savoia portò all'unione con i Savoia Carignano. Tuttavia, dalla fine del XVIII secolo il potere dei Colonna diminuì perché nel 1816 Filippo III rinunciò spontaneamente ad ogni giurisdizione sui domini della famiglia. Dopo l'unificazione d'Italia molti membri occuparono cariche pubbliche di rilievo. Tra questi si ricordano Fabrizio (1848-1923), principe di Paliano, ufficiale di cavalleria e poi deputato e senatore del Regno (1889), e Prospero, anch'egli senatore nel 1900.

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