INDUSTRIA MECCANICA:
La produzione automobilistica rappresenta l'elemento dominante del secondario piemontese, soprattutto per la presenza della più importante impresa privata italiana, fondata a Torino nel 1899. All'inizio l'azienda era una piccola fabbrica di livello quasi artigianale e contava 50 dipendenti; già alla fine della prima guerra mondiale si era trasformata in una grande impresa, che occupava 10.000 dipendenti. Anche l'economia provinciale trova, dunque, nell'industria automobilistica un elemento trainante decisivo, sia in termini occupazionali che in relazione all'offerta di subfornitura a piccole e medie imprese, operanti sul territorio nel settore della componentistica meccanica. Al servizio della più grande azienda opera, quindi, un numero di industrie specializzate in diversi comparti produttivi, che vanno ad aumentare il numero di occupati e di prodotto interno lordo derivante dall'industria meccanica. Il peso del comparto è evidenziato, inoltre, dalla distribuzione settoriale del valore aggiunto, che deriva per oltre un terzo dal comparto manifatturiero, e dai dati relativi alle esportazioni. Le imprese di dimensione minore, recentemente, mostrano la tendenza a perdere i caratteri di dipendenza che avevano avuto in passato, per il legame di fornitura instaurato: ciò si è reso possibile per l'ingresso nel mercato provinciale di altre grandi imprese committenti esterne. In provincia si trovano, inoltre, imprese trainanti nel settore del design automobilistico. La presenza di un'industria di rilievo internazionale influenza la distribuzione degli addetti per classe dimensionale: la quota assorbita dalla classe definita "oltre 200 addetti" è, infatti, più che doppia rispetto alla media italiana. Agli impianti di produzione di autoveicoli (i cui principali stabilimenti si trovano a Torino e a Chivasso) si aggiungono, nel circondario torinese, impianti per la produzione di materiale ferroviario, di cuscinetti a sfere, di componenti per auto, di prodotti siderurgici e imprese dall'alta tecnologia, la cui specializzazione è nella ideazione e fabbricazione di robot industriali; per la progettazione e costruzione di robot, in particolare, è nato un numero di centri di ricerca scientifica, attivi nel campo dell'automazione industriale, che si trovano nei pressi di Torino. Il ruolo dell'industria meccanica fu reso più forte dal fenomeno di motorizzazione della nazione, che la interessò a partire dagli anni Sessanta del XX secolo: ciò favorì lo sviluppo dell'industria automobilistica. Dalla crescita furono coinvolte anche le zone circostanti il capoluogo regionale e l'area metropolitana torinese, che divenne una delle zone industrializzate a più alta densità di popolazione in Europa; in particolare la popolazione dei comuni della cintura torinese (Moncalieri, Rivoli, Collegno, Nichelino, Settimo Torinese, Grugliasco, Chieri, Chivasso) è triplicata o quadruplicata nel giro di pochi anni, soprattutto per la massiccia immigrazione dal meridione d'Italia, dovuta anche alla crescita di numerose industrie operanti nell'indotto dell'industria automobilistica più grande. Questa ha, infatti, delegato a una serie di imprese di dimensioni più o meno grandi, sparse nel circondario, la produzione di accessori, pneumatici, sedili per le auto, componenti meccaniche che, appunto, lavorano tutte per lo stesso cliente. La storia del capoluogo regionale, dunque, è stata condizionata in maniera decisiva dalla presenza di questo colosso dell'industria e dal punto di vista urbanistico ha costituito uno degli esempi più evidenti di rapporto fra crescita industriale e crescita urbana. Il solo stabilimento che sorge alla periferia della città, uno dei più grandi del mondo, è una fabbrica di quasi 3 milioni di metri quadrati, coperti per metà circa, con 37 porte d'ingresso, che si distribuiscono su un perimetro di oltre 10 chilometri; ha dato lavoro a decine di migliaia di addetti che, secondo il periodo, sono stati tra i 30 e i 60 mila. Per lungo tempo, dunque, la popolazione torinese è stata composta in gran parte da famiglie operaie. La crisi mondiale che l'industria automobilistica ha subito negli anni Settanta del XX secolo, dovuta anche alla crisi petrolifera del 1973, ha comportato una riduzione del personale, in una politica di ristrutturazione che ha visto l'introduzione di sistemi produttivi più avanzati dal punto di vista tecnologico e basati sull'automazione: nel meridione dell'Italia e in altre parti del mondo in cui più a buon mercato risultava la manodopera sono state aperte nuove fabbriche, con la conseguenza di un periodo di grave crisi per l'economia di Torino; alla riduzione di personale delle fabbriche della casa madre (dove il calo ha interessato oltre il 50% delle unità) è seguita quella delle piccole e medie imprese del suo indotto. Attualmente l'economia torinese non dipende più unicamente dall'industria automobilistica: soprattutto nel terziario, è stata in grado di far nascere nuove attività.