BECCARIA CESARE: Giurista ed economista, nacque a Milano nel 1738. Appartenente ad una famiglia nobile e agiata, trascorse l'infanzia e l'adolescenza in un ambiente chiuso ed opprimente che contribuì a renderlo timido e poco socievole. Fu educato presso i Gesuiti a Parma e nel 1758 si laureò in giurisprudenza a Pavia. Gradualmente cominciò a frequentare i salotti culturali di Milano e si avvicinò alle opere degli illuministi: Montesquieu, Helvétius, Diderot, d'Alembert e Rousseau. Contribuì alla sua formazione culturale anche l'amicizia con i fratelli Alessandro e Pietro Verri, che gli permise di conoscere i partecipanti all'Accademia dei Pugni e alla rivista 'Il Caffè' e di prendere parte alle discussioni filosofiche politiche e sociali che vi si tenevano. Nel 1762 pubblicò a Lucca, senza ottenere l'apprezzamento che meritava, l'opera 'Dei disordini e dei rimedi delle monete dello Stato di Milano nell'anno 1762'. Ma il libro che lo avrebbe reso famoso decretandogli un successo straordinario fu il saggio 'Dei delitti e delle pene', pubblicato anonimo a Livorno nel 1764. In quest'opera il Beccaria sostenne che la pena non è l'espressione dello Stato che punisce ma una difesa della società. Per questo la pena di morte non è utile, in quanto lo Stato può togliere alcune libertà a coloro che commettono reati ma non ha il diritto di togliere loro la vita. Inoltre il Beccaria attaccò con forza i sistemi giudiziari del tempo, criticando aspramente la tortura, le denunzie anonime, il dibattimento a porte chiuse, la carcerazione preventiva, intesa come pena. Il libro ebbe grande diffusione in Europa dove fu tradotto e suscitò discussioni e polemiche. I francesi e in particolare Diderot, Buffon, d'Alembert, Voltaire espressero la loro ammirazione all'autore, mentre Caterina di Russia, prendendo spunto dalle idee del Beccaria, apportò dei cambiamenti al diritto e alla procedura penale. L'entusiasmo, forse inatteso, per il suo lavoro, spaventò il Beccaria che andò via da Parigi, dove si era recato nel 1766, per tornare a Milano dove i suoi meriti furono riconosciuti; ottenne infatti la nomina di professore nelle Scuole Palatine di Milano (1768) e potette trascorrere un periodo sereno. Nel 1771 divenne consigliere nel Supremo Consiglio d'Economia e nel 1791 fu nominato componente della giunta per la riforma della procedura civile e penale. Morì nel 1794.