REGGIA DI VENARIA REALE:
Sorta a metà Seicento per volere di Carlo Emanuele II, che la volle come luogo delle cacce di corte e ne affidò la costruzione ad Amedeo di Castellamonte, nel Settecento si arricchì di saloni e scuderie, assistendo, poi, nel tempo, a cambiamenti di stile e di gusto, determinati dal succedersi dei diversi architetti di corte: Garove, Juvarra e Alfieri. Arricchita di gallerie e padiglioni alla francese, di ampie scuderie in grado di ospitare migliaia di cavalli, la reggia vide aggiornato il giardino, che seguì il gusto europeo con l'introduzione delle grandi allée (i viali alberati), con pergolati e labirinti. Abbandonata per lungo tempo, attualmente è in restauro. Il progetto di recupero investe i saloni delle feste e gli appartamenti privati dei duchi di Savoia, l'originario disegno dei giardini e il parco in cui si trovano ninfei, grotte, fontane e statue, oltre gli affreschi e gli stucchi del piano nobile e chilometri di sotterranei. La metà del Seicento corrisponde a un momento di particolare fervore architettonico e urbanistico, in cui è molto apprezzata l'attività di Amedeo di Castellamonte. Doveva costituire un vanto piemontese, capace di contendere raffinatezza e mondanità alle residenze più famose delle corti europee, da Fontainbleu a Versailles, anche per le sue gigantesche proporzioni: nel periodo di massimo splendore occupava 45.000 metri quadrati, immersi nel borgo e nel parco circostante. Amedeo di Castellamonte lasciò segno tangibile del suo progetto in un grande libro con incisioni, in cui immagina di descrivere la sua opera al Bernini. Dell'opera sono rimaste poche copie. Il complesso della Venaria nacque non come palazzo ma come intero centro abitato, in cui una parte "civile" precedeva e si saldava a una seconda zona "regale": infatti, dopo aver attraversato l'abitato, un percorso rettilineo termina davanti al palazzo, denominato "Reggia di Diana"; ai lati si trovano i palazzi dei dignitari, dall'architettura uniforme e armoniosa. Dopo appena trent'anni dalla costruzione le truppe francesi del generale Catinat bruciarono Rivoli e Venaria. A Michelangelo Garove, lo stesso architetto di Rivoli, fu affidato il restauro. Il suo progetto prevedeva di far porre ai due lati della Reggia di Diana due grandi padiglioni. A causa della ripresa della guerra contro la Francia, che raggiunse il culmine nella vittoriosa battaglia di Torino del 1706, i lavori furono interrotti, quando era stata realizzata soltanto la parte sud: durante gli eventi bellici la reggia era stata danneggiata nuovamente. A partire dal 1716 con l'architetto Filippo Juvarra si pose inizio alla rinascita: i progetti dello Juvarra andarono in porto soltanto in parte ma riuscirono a conferire un volto nuovo al palazzo. Fu ristrutturata la galleria di Diana, già costruita dal Garove, con stucchi barocchi del Somasso: lunga 83 metri, riceveva luce da 44 finestre; fu costruita la cappella di Sant'Uberto, con altari e crocefissi lignei del Plura, dipinti di Sebastiano Conca, Francesco Trevisani, Sebastiano Ricci, statue del Baratta, stucchi del Tantardini; fu realizzata anche la nuova scuderia. A causa dei tagli di spesa che si operarono si interruppero i lavori e Juvarra fu inviato a occuparsi della nuova impresa di Stupinigi: ne restavano, però, due gioielli dell'architettura settecentesca in Piemonte: la chiesa di Sant'Uberto e la Galleria di Diana. Per l'abbandono cui fu lasciata la reggia già nella seconda metà del secolo XVIII il palazzo subì una vera e propria decadenza durante il periodo della dominazione francese: sparì il parco, che doveva avere un perimetro di trenta chilometri. Nel periodo della Restaurazione il palazzo divenne caserma: la galleria di Juvarra, ridotta a scuderia, costituì alloggio per cavalli e muli. Nel corso dell'ultima guerra subì il degrado finale: i tedeschi e la popolazione locale la saccheggiarono e si diedero a veri e propri atti di vandalismo, riducendo la reggia in rovina. Attualmente è inserita, insieme ad altri cinque complessi artistici, in un vasto piano di recupero delle residenze e collezioni sabaude: il progetto prevede che ospiti un museo sulla vita e la civiltà di corte, un centro nazionale di restauro e un polo espositivo sulla storia e la cultura dell'Europa e del Mediterraneo.