PALAZZO MADAMA:
Posto al centro di piazza Castello, a Torino, costituisce una testimonianza storica per diverse epoche: infatti in un unico edificio comprende le torri della Pretoria romana, il castello quattrocentesco di Ludovico d'Acaja e la facciata con atrio e scalone monumentale, aggiunta da Juvarra nel 1721. Nato come fortilizio, per volere del marchese del Monferrato Guglielmo VII, è costituito di un corpo del XIII secolo su cui risalta la facciata di stile barocco, che venne realizzata tra il 1718 e il 1721, su progetto di Filippo Juvarra, realizzato soltanto in parte. La sua storia, però, è da far risalire a circa duemila anni fa, all'epoca dell'impero romano, quando costituiva una delle porte d'ingresso alla città, in corrispondenza del decumano massimo, attualmente via Garibaldi. Dell'edificio entrarono a far parte le due torri romane dell'antica "Porta Pretoria"; due alte torri, quelle che tuttora si trovano sul lato della piazza pedonale, delimitavano quattro grandi aperture ad arco: l'entrata e l'uscita da Torino (Augusta Taurinorum); la strada che portava verso est e quella che conduceva a Roma. Nel medioevo, la porta romana subisce la sua prima radicale metamorfosi. Se in un primo momento costituiva ingresso alla città, divenne, in seguito, luogo di difesa per la stessa: furono chiusi gli archi romani, venne aperto un nuovo passaggio (la porta Fibellona, accanto alla torre meridionale) e si eresse un fortilizio a ridosso delle torri. Nei primi decenni del XIV secolo la struttura fortificata fu convertita in castello, per volere di Filippo I d'Acaja, di un ramo cadetto dei Savoia. In seguito alla realizzazione del fronte sul Po, nel corso del XV secolo, le sue dimensioni furono raddoppiate per volere di Ludovico d'Acaja, per cui il castello assunse l'aspetto che ora coincide con uno dei due volti del palazzo: quattro torri angolari, scale di collegamento tra i vari piani e, all'interno, una corte circondata da un portico. In seguito, il suo ruolo sarebbe mutato, pur rimanendo importante: sarebbe divenuta dimora per ospiti d'eccezione; scenario adatto alle cerimonie pubbliche; spazio scenografico d'effetto per le feste. La struttura venne poi rimaneggiata nel XVII secolo da Ascanio Vitozzi e da Carlo di Castellamonte e il 1637 diviene un anno importante per la storia del palazzo: Maria Cristina di Francia, reggente del ducato in vece del figlio minorenne Carlo Emanuele II, elegge la dimora a sua residenza, iniziando quell'opera di ammodernamento che avrebbe portato, tra l'altro, alla copertura della corte medievale interna. Per volere della vedova di Carlo Emanuele II, Maria Giovanna Battista di Savoia-Nemours, viene ulteriormente rinnovata l'immagine di quello che è ormai diventato palazzo Madama (denominazione della residenza ufficiale delle madame reali). Da lei, infatti, viene affidato all'architetto Filippo Juvarra il progetto del grandioso avancorpo (completato nel 1721), che costituisce il secondo dei due volti dell'attuale palazzo: una tra le più significative strutture del barocco europeo. La monumentale facciata barocca si compone di un basamento a pilastri bugnati, un ordine gigante di lesene e colonne corinzie scanalate entro cui si aprono grandi finestre; esse sono sormontate da una balaustrata marmorea decorata con rilievi, statue e vasi. Le sue caratteristiche di chiarezza, luminosità, trasparenza, la sua posizione in dialogo con la linea retta di via Garibaldi le conferiscono il tono per raccontare la potenza. Al contrario, internamente è incarnata la leggerezza, data da quattro agili colonne centrali, che nell'atrio sembrano fissare a terra le volte su cui poggia la scala monumentale, illuminata dalla luce che penetra da tre lati. A proposito del monumentale scalone d'onore juvarriano è da ricordare che il progetto di Juvarra era molto più ambizioso: non sarebbe stato mai completato, però, e quello che rimane è il capolavoro dell'avancorpo: un elemento barocco, davanti al notevole edificio medievale, che non nasconde ma evidenzia la visione, dall'interno verso l'esterno e viceversa. Al complesso di segni che racchiude (porta, passaggio, difesa, dimora) il palazzo comprende anche quello di una nuova icona del potere: un potere esibito e centrale, nel cuore della città. Per questo, nel 1799, in epoca di dominazione francese, il generale Barthélemy-Catherine Joubert vi insediò, simbolicamente, la sede del governo provvisorio. Ma, persa la sua funzione di dimora, il palazzo perde anche la sua unitarietà e subisce modificazioni eterogenee degli ambienti (prigione, sede del commissariato di polizia, di uffici amministrativi, degli alloggi degli impiegati e delle loro famiglie). Nel 1832 il re Carlo Alberto gli conferirà nuovamente una destinazione degna: sarà eletto sede della regia pinacoteca e sarà la prima volta che il palazzo ospiterà un museo. Con Carlo Alberto, però, nel palazzo fece il suo ingresso anche la politica: nel 1848, nel grande salone al primo piano, il sovrano volle che fosse collocato il senato subalpino, destinato a divenire uno dei luoghi della politica in cui più fortemente si è dato impulso all'unità d'Italia. Nel 1869 sarà la volta della Corte di Cassazione, un altro importante organo istituzionale accolto nel palazzo. Nello stesso periodo ebbero inizio gli studi di Alfredo d'Andrade, che nel 1883 cominciò la ricostruzione della storia bimillenaria dell'edificio con imponenti scavi archeologici: le mura medievali esterne, le arcate della corte, i resti della porta romana e del lastricato che l'attraversava. Dal 1988 il Palazzo è chiuso: la prima fase dei lavori è consistita in una complessa opera di adeguamento dei locali e di rifacimento degli impianti tecnologici.