MURANO:
Località di Venezia, fino al 1923 comune autonomo. Sorge nella laguna veneta, a nord-est del capoluogo, su un piccolo gruppo insulare costituito da cinque isole separate da pittoreschi canali e collegate da ponti. È patria della celebre famiglia di pittori Vivarini e di rinomate famiglie di vetrai: Ballarin, Barbaria, Berovieri, Seguso, Toso. Ricostruita sull'area di una più antica chiesa nella prima metà del XII secolo, la basilica dei Santi Maria e Donato è il monumento più insigne dell'isola e uno dei più suggestivi dell'architettura veneto-bizantina lagunare. Del solenne interno si ricordano il pavimento musivo, datato 1140, e la solitaria Madonna a mosaico su fondo oro del catino absidale, risalente alla prima metà del XIII secolo; pittoresco il gotico palazzo Da Mula. Ma il nome di Murano evoca l'arte del vetro. Non si sa con certezza quando quest'arte sia sorta nelle isole della laguna, anche se l'estesa attività delle fornaci è storicamente ben nota. Nel 1291 un decreto della signoria trasferiva a Murano, per motivi di sicurezza, tutte le fornaci veneziane. Iniziava, così, la vasta attività dei maestri vetrai muranesi, divenuta per secoli famosa. L'isola godette di privilegi e prerogative speciali come, per esempio, quello delle figlie dei maestri, che potevano sposare i patrizi veneziani. La produzione fu regolata da un severo statuto, detto "Mariegola dei Fioleri de Muran", inteso a impedire che maestri muranesi portassero i segreti dell'arte fuori di Venezia. I più antichi esemplari superstiti risalgono soltanto alla metà del Quattrocento. Il Cinquecento è il periodo aureo dei maestri muranesi, che realizzarono un tipo di vetro colorato (rosso rubino, verde smeraldo, azzurro cobalto), soffiato in semplici forme e, talora, dipinto a smalto con scene sacre e profane. Portentosa creazione è la coppa di vetro blu, detta "dell'Adorazione dei Magi", ora a Bologna nel Museo civico, della metà del XV secolo, tradizionalmente legata al nome di Angelo Barovier, che apre la storia dell'arte vetraria muranese. Ma la maggior gloria dei maestri muranesi è soprattutto la tecnica del vetro incolore, lavorato sino a divenire trasparente, il cosiddetto "cristallo veneziano". Nel XVII secolo Murano produsse una nutrita varietà di vetri in forma di animali, navi e strumenti musicali, che sono il raggiungimento più geniale della vetraria barocca muranese. Iniziò poi la fase di declino, anche se Giuseppe Briati riuscì ancora a contrapporre ai lampadari boemi i suoi. Sollecitata dagli stranieri, desiderosi di conoscere il segreto di fabbricazione del vetro cristallino, l'arte muranese si andava diffondendo in tutto il mondo: nasceva la vetraria "façon de Venice", dove il Colbert fece espatriare i maestri di specchi, produzione in cui Venezia non aveva rivali. Con la caduta della repubblica di San Marco cessò la produzione vetraria di Murano, che solo nella seconda metà dell'Ottocento, a opera di Antonio Salviati, tentò una lenta rinascita, trasformata in rinnovamento col decorativismo Liberty all'inizio del XX secolo. Esemplari famosi di quest'arte si conservano nel Museo dell'arte vetraria dell'isola, fondato nel 1861 dall'abate Vincenzo Zanetti, riordinato nel 1932 e arricchito delle raccolte vetrarie del Museo Correr. Il museo documenta la produzione locale, dai cimeli quattrocenteschi sino all'età moderna.