CINQUE GIORNATE DI MILANO:
Insurrezione anti-austriaca che ebbe luogo a Milano dal 18 al 22 marzo 1848, nel periodo in cui si combattevano in tutta la penisola le guerre per l'indipendenza. I tumulti scoppiarono il 18 marzo quando, alla notizia della rivoluzione di Vienna e dell'insurrezione a Venezia, i milanesi si ribellarono lungo le strade della città e iniziarono a combattere contro la guarnigione austriaca. Negli scontri venne mobilitato tutto il popolo di Milano, che costruì circa 1.700 barricate, per fronteggiare un nemico certamente più organizzato e meglio armato, mentre sui muri della città le scritte inneggiavano a Pio IX e incitavano alla lotta. Carlo Cattaneo, uno dei principali artefici della cacciata degli austriaci da Milano, soddisfatto della grande partecipazione delle classi lavoratrici, affermò che 'barricate e operai vanno insieme ormai come cavallo e cavaliere'. Anche le popolazioni delle campagne alle porte di Milano vennero coinvolte nell'insurrezione e contribuirono alla vittoria, grazie anche a volantini lanciati sulle campagne da palloni aerostatici, che incitavano le popolazioni rurali ad ostacolare l'arrivo di rifornimenti e di munizioni agli austriaci, rendendo inagibili le strade per Milano. Immediatamente dopo lo scoppio della rivolta vennero adottate a Milano misure repressive particolarmente dure ma la popolazione continuò a combattere contro i militari austriaci, comandati dal maresciallo Radetzky, e ad innalzare barricate per tutta la città. Il 20 marzo i maggiori esponenti democratici (tra cui lo stesso Cattaneo, Cermuschi, Clerici, Terzaghi) costituirono un consiglio di guerra per condurre a fondo l'insurrezione, mentre la direzione politica fu assunta da un governo provvisorio (composto quasi interamente da aristocratici), a prevalenza moderata, presieduto da Gabrio Casati e di cui faceva parte anche Carlo Cattaneo. Dopo cinque giorni di combattimento, gli austriaci furono costretti ad andarsene dalla città e venne votata l'annessione della Lombardia al Piemonte. Nei combattimenti, che costarono agli insorti oltre trecento morti, si distinsero personaggi come Enrico ed Emilio Dandolo, Manara, Anfossi. Dopo pochi mesi, però, l'esercito piemontese venne sconfitto a Custoza e così Radetzky poté rientrare a Milano nell'agosto dello stesso anno. Il governo provvisorio aveva dedicato un monumento ai caduti delle cinque giornate ed aveva imposto il nome di Porta Vittoria e Corso di Porta Vittoria ai luoghi in cui erano stati sconfitti gli austriaci; costoro, una volta ripreso possesso della città, si affrettarono ad abolire tali nomi, ripristinati nel 1859, dopo la seconda guerra di indipendenza e l'annessione definitiva di Milano al Piemonte. Nel 1878 venne intitolata all'avvenimento anche la via Ventidue Marzo (in seguito Corso). Il monumento ai caduti si può vedere ancora oggi nella piazza Cinque Giornate. V. anche PALLAVICINO