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CAPPERO, A PANTELLERIA

Approfondimento

Approfondimento: CAPPERO, A PANTELLERIA

Gemme floreali di un arbusto spinoso spontaneo, che si conservano in salamoia o sotto aceto. Si sviluppano nelle regioni mediterranee e, secondo le zone, cominciano la fioritura tra maggio e settembre (a Pantelleria, isola della provincia di Trapani, anche fino a fine ottobre). Hanno forma globosa, subsferica, "a cuore", a volte conica oppure oblunga, e colore verde scuro, tendente al senape; le lucide, carnose foglie della pianta sono di un colore verde argento e hanno forma ovale. La pianta è una suffrutice dai vistosi fiori bianchi, con venature sul rosa, e dai frutti a bacca; ha una parte basale legnosa (il tronco) e parti superiori erbacee (i rami), parzialmente pendule, che strisciano sul suolo; raggiunge un'altezza media di 30-50 centimetri. La qualità del cappero di Pantelleria è dovuta al clima estremamente arido, caldo e secco del suo territorio vulcanico, all'ambiente montano circostante (punteggiato di boschi di pini e lecci), alla costituzione del suo terreno (di roccia vulcanica): sono queste le caratteristiche che rendono quell'ambiente ideale per lo sviluppo del cappero. Gran parte del territorio dell'isola è disseminato di piante di capperi e la produzione e la vendita dei gustosi boccioli poggia su un'organizzata struttura, che garantisce agli abitanti dell'isola una significativa fonte di reddito. A ciò ha contribuito anche la selezione genetica che, seppure praticata in maniera empirica, è stata attuata dai contadini sin dalla seconda metà dell'Ottocento, portando al tipo attualmente commercializzato: capparis spinosa, varietà inermis, cultivar nocellara; sin da quell'epoca (metà del XIX secolo) si giunse a produrre circa 600 quintali di capperi, che nel periodo 1983-1984 sarebbero diventati 12.000 quintali, distribuiti su una superficie di circa 700 ettari. I metodi di coltivazione e di selezione delle varietà più pregiate (fra le quali la nocellara) hanno subito miglioramenti significativi, grazie al sensibile aumento del valore commerciale del cappero, che in pochi anni ha generato un incremento del reddito dei contadini produttori superiore al 200%. A ciò ha contribuito sicuramente anche l'imposizione di vincoli doganali nei confronti delle produzioni estere, elemento congiunturale che dal 1985 è venuto meno, così determinando per il cappero di Pantelleria un periodo di forte crisi, causata dalla concorrenza del prodotto di provenienza marocchina e turca, che le industrie conserviere preferivano per i bassi costi. Ma quelli di Pantelleria sono gli unici cui è stata assegnata (dal 1993) l'indicazione geografica protetta dal ministero per le politiche agricole e sono anche i soli a essere registrati presso la comunità europea come specialità tradizionale garantita da tutelare (dal 1996). L'esperienza maturata nel tempo dai contadini panteschi ha insegnato che i terreni più adatti alla crescita delle piante di cappero sono quelli terrazzati ed esposti al sole; anche la scelta accurata delle piantine da porre a dimora risulta determinante. Per questo tutta l'isola, soprattutto nella zona meridionale, ha un paesaggio punteggiato da muri a secco, costruiti nel corso dei secoli con il sistema dei terrazzamenti. Le piante di capperi necessitano delle stesse cure riservate alla vite. Durante l'inverno il terreno si lavora e si concima e le piante vengono potate; la loro piena produttività viene raggiunta a circa tre anni dall'impianto. I boccioli floreali della pianta del cappero vanno raccolti non appena germogliano, quando sono ancora piccoli: assicureranno, così, il prodotto migliore, una volta maturati. La pianta ha una fioritura scalare: con una cadenza settimanale è possibile, dunque, raccogliere boccioli che sulla pianta si trovano di dimensioni diverse. Bellissimo risulta il piccolo, delicato fiore del cappero, che raramente si vede sbocciare; una volta raccolti, i capperi necessitano di una lavorazione per la conservazione (non potrebbero essere consumati freschi in quanto risulterebbero amari). La raccolta avviene solitamente all'alba, prima che sorga il sole; i boccioli si pongono, così, nei tini (ricoperti da una percentuale di sale grosso marino pari a circa il 40% del peso dei capperi). I capperi espelleranno così dell'acqua che, insieme al sale (marino, rigorosamente, in quanto quello minerale non è idoneo alla conservazione), formerà una salamoia satura, favorevole alla maturazione, con una fermentazione di tipo lattico: le caratteristiche nutritive e organolettiche saranno conservate dal sale che, favorendo una maturazione lenta, conferirà loro l'aroma singolare, dato anche dalla presenza della glucocapperina, una sostanza che nei capperi di Pantelleria ha una concentrazione ineguagliata. I capperi verranno mescolati di continuo ogni giorno, per circa dieci giorni, e, trascorsi i 10 giorni, saranno scolati dalla salamoia, posti in un altro tino (sempre con aggiunta di sale grosso marino, ma questa volta in quantità di circa il 20% del loro peso) e mescolati per dieci giorni ancora. Al termine della seconda maturazione, i boccioli saranno pronti per il consumo. Il loro utilizzo è semplice: è sufficiente togliere il sale di conserva, lavandoli con acqua corrente. Per conservarli per lungo tempo, poi, non resta che tenerli in un barattolo di vetro (chiuso con capsula a vite), che assicurerà che non essicchino, perdendo l'umidità. In tali condizioni il cappero di Pantelleria potrà conservarsi anche per anni, conservando inalterate le caratteristiche organolettiche. Sicuramente non ortodossa risulta la conservazione in aceto, che può essere il modo per commercializzare un prodotto dal prezzo inferiore ma di scarsa qualità: la commistione fra due prodotti aromatici (il cappero e l'aceto) non è, dunque, vista con favore dai produttori panteschi. Utilizzato per insaporire diverse preparazioni (insalate, pesci, verdure, salse), il cappero ha uno spiccato sapore che non viene sopraffatto da quello di altri ingredienti. Quelli di Pantelleria, i più pregiati del Mediterraneo, costituiscono un antico ingrediente della cucina del luogo, come di quella di tutto il bacino del Mediterraneo. Fra gli impieghi della cucina pantesca, tipico risulta quello nelle insalate con la "tumma", un fresco formaggio locale, e con il profumatissimo origano del posto. Noto sin dai tempi dei Greci e dei Romani (del cappero di Pantelleria ci parlano il greco Dioscoride e Plinio il Vecchio, denominandolo con il greco kapparis), che già ne apprezzavano l'utilizzo gastronomico, nel Seicento il cappero ha avuto come sostenitori alcuni autori che ne hanno addirittura esaltato i benefici per l'organismo, decantandone proprietà medicinali: si credeva che evitasse i dolori di milza e di fegato; a tale antica convinzione (che forse ancor prima risale addirittura agli Arabi) attualmente si sostituisce la conoscenza scientifica, che ha trovato nella buccia del cappero una sostanza dalle proprietà diuretiche, toniche, digestive e antireumatiche, cui si aggiungono le virtù in campo estetico, visto che con la capperirutinia si produce una crema in grado di combattere le rughe.

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