Palazzo Cordopatri

L’origine della famiglia si fa risalire a Sigismondo Capece, figlio di Corrado, che nel 1220 era giunto in Italia proveniente dalla Germania al seguito dell’imperatore Federico II. Perseguitato per questo motivo dal re Carlo d’Angiò, si rifugiò a Roma pensando di cambiare il suo nome e cognome per sfuggire alle persecuzioni dei seguaci del re e, essendo molto religioso, scelse come cognome Cor- do-patri (do il cuore al Padre) per significare l’offerta che faceva di sé a Dio e, come nome Riccio (per i suoi capelli) o Rizio. Poi si trasferì in Sicilia dove partecipò ai Vespri Siciliani, in seguito ai quali, la corona siciliana passò a Pietro D’Aragona, marito di costanza (unica figlia di Manfredi). Da lì venne in Calabria dove avrebbe fondato il casale di Rizziconi(da Reticoli , derivante a sua volta da Ritius colit o Ritius condidit. e lì si spense nel 1302. Queste e altre notizie si trovavano iscritte su un marmo scoperto per caso tra i ruderi del vecchio palazzo di Rizziconi. Il palazzo fu fatto costruire da Antonio Cordopatri nel 1784, su alcuni ruderi di un’antica costruzione (forse dl ‘600) andata distrutta durante il terremoto del 1783, molto probabilmente su progetto di G.B. Pasquale Cordopatri, appassionato cultore di tesoro greco-latini. Egli munì la sua residenza di un’importantissima biblioteca con raccolte di pergamene e manoscritti, libri rari ed edizioni pregiate, nonché i documenti dei moti del 1848 e del 1860. Dopo la sua morte la preziosa collezione andò dispersa ma gran parte fu conservata dagli eredi. La sua casa divenne punto di riferimento per il partito liberale locale e fu anche visitata da capi rivoluzionari come Benedetto Mugolino e Ricciardi e da intellettuali di valore europeo come il Lenormant. Il palazzo, ubicato nella via omonima, sorge nel cuore dell’antico borgo ed è una fra le prime costruzioni sorte dopo il terremoto del 1783, come è evidenziato dagli elementi decorativi neoclassici del prospetto principale. Di forma rettangolare, con un corpo principale e due di fabbrica nei laterali, è a due piani, con una struttura muraria a bugnato liscio aggettante, nella parte del piano terra; appena inciso nell’intonaco, nei parametri contigui. Al piano superiore si alternano balconi e finestre sormontati da un alto cornicione a riseghe multiple con coronamento a mensole. Il portone d’ingresso, in granito, è fiancheggiato da due colonne tuscaniche su alto piedistallo, congiunte sulla sommità dalla trabeazione, formata da metope e triglifi. Al di sopra, il balcone d’onore con ringhiera in ghisa finemente lavorata a motivi vegetali è sorretto da alte mensole i granito, a forma rettangolare piatta. All’interno, una scalinata, impreziosita da ringhiere originali in ferro battuto, conduce ad un balcone unico centrale, oltre il quale si estende il giardino retrostante, mentre, al di sotto, campeggia lo stemma in marmo. Lo Stemma rappresenta un leone rampante d’oro (dei Capace) su campo nero, un cuore che nasce tra i monti, in campo verde, un sole raggiante (dei Cordopatri) tre stelle d’argento. Documentazione: Vibo, antichi palazzi da riscoprire (Liceo V. Capialbi, anno 1997)