PARCO NAZIONALE DELLA VAL GRANDE:
Posto nella provincia di Verbania, nell'area fra l'Ossola, il Verbano, la val Vigezzo, la valle Intrasca e la Cannobina, è a due passi dal Lago Maggiore e costituisce una delle aree selvagge più vaste d'Italia, le cui caratteristiche di ambiente incontaminato sono ravvisabili già alle soglie dell'area del parco. Prima fra quelle delle Alpi italiane, nel 1967 l'area del massiccio roccioso del Pedum (interna al parco) fu convertita a riserva naturale integrale. Nella seconda metà degli anni Ottanta, per l'intervento degli enti locali e per l'interessamento della Regione Piemonte e del ministero dell'ambiente, si creano le concrete condizioni favorevoli alla creazione del parco nazionale, che sarebbe stato istituito ufficialmente nel 1992. La vegetazione abbondante e variegata, costituita da boscaglie impenetrabili e da una flora ricca di colori, è una delle attrattive maggiori del parco che, posto fra il monte Rosa e il lago Maggiore, consente di godere di scenari suggestivi, dati da valloni scoscesi e dirupati e acque limpidissime che si incuneano in gole difese da grandi pareti strapiombanti. L'integrità ambientale della Val Grande è come custodita dalle montagne aspre e rocciose che la coronano. Nel passato, all'abbandono degli alpeggi e della pratica del disboscamento ha fatto da contraltare il ritorno alla natura incontaminata, nella zona del parco, che trova nella ricchezza della vegetazione e nella varietà delle fioriture alcune fra le attrattive maggiori; fra queste, le specie botaniche più rare e interessanti sono sicuramente l'aquilegia alpina e il tulipano alpino. Se nella bassa Val Grande predominano i boschi misti di latifoglie, in cui prevale il castagno, nella zona dell'alta Val Grande, invece, il faggio rappresenta la specie arborea più diffusa, soprattutto sui versanti umidi e meno assolati; per l'elevata piovosità di questa zona, esso non manca, tuttavia, neanche sui versanti meridionali. Seppure meno diffusi delle faggete, sono presenti boschi di conifere, le cui specie principali sono l'abete rosso e l'abete bianco, mentre a causa del clima e per i tagli effettuati nei secoli scorsi risulta scarsa la presenza del larice. Man mano che si procede verso quote più elevate, ci si trova dinanzi ad arbusti e prateria alpina, che sostituiscono il bosco. Tra gli animali che popolano il parco sono i mammiferi, fra i quali gli ungulati (camosci, caprioli e, in misura minore, cervi), la volpe (soprattutto alle basse quote), il tasso, la martora, la faina, il riccio, il ghiro e lo scoiattolo; non mancano i micromammiferi (topi selvatici, arvicole e toporagni, che rappresentano un importante elemento della catena alimentare del bosco); molto ricca è anche l'avifauna, con specie montane e alpine che si incontrano nei diversi ambienti, fra i quali il gallo forcello, il merlo acquaiolo e la maestosa aquila reale. L'ittiofauna è data dalle trote, che qui trovano un ambiente ideale, garantito dalla purezza delle acque, ma non mancano gli anfibi, tra i quali la rana temporaria e la salamandra; sono presenti, tra i rettili, le temute vipere. Dal punto di vista geologico, la valle è costituita da rocce metamorfiche, una sola delle tre grandi categorie in cui sono suddivise le rocce (magmatiche, sedimentarie e metamorfiche, appunto). Per la varietà di queste rocce, l'evoluzione geomorfologica della zona è risultata diversificata e complessa. Soprattutto le forre, che caratterizzano gran parte del corso dei torrenti, evidenziano una morfologia preglaciale. Per le diverse glaciazioni del Quaternario, si è avuto il modellamento dei rilievi a quota più bassa, mentre i terrazzi, occupati in seguito da paesi e alpeggi, sono stati generati da depositi morenici e alluvionali. L'affioramento di rocce appartenenti a una porzione di crosta continentale più profonda è il più vasto delle Alpi e per questo risulta di particolare interesse. I luoghi e la gente dei paesi che circondano questa zona rappresentano anche elementi narrativi della civiltà montanara, facendo della Val Grande una sorta di museo all'aperto della passata civiltà alpina. Agli aspetti misteriosi e selvaggi dal punto di vista naturalistico si affiancano, nella valle, frammenti della civiltà alpina, testimonianze del passato, nel corso del quale l'alpeggio e il disboscamento erano le due principali attività, che generavano tenori di vita faticosi e poverissimi, tali da suscitare ancora l'interesse e l'ammirazione di chi esamini la capacità di adattamento a un territorio tanto impervio e pericoloso. Storicamente interessante risulta anche la "Linea Cadorna", data da fortificazioni militari realizzate durante la prima guerra mondiale a difesa da un eventuale attacco austro-tedesco attraverso la Svizzera. Per molti alpeggi il rastrellamento del giugno 1944 avrebbe rappresentato una delle cause dell'abbandono definitivo.