ENEA:
Eroe troiano divenuto progenitore della stirpe romana. Le notizie a suo riguardo ebbero numerose e diverse formulazioni nel tempo, dall'antica epica omerica e post-omerica fino alla storia ellenistica e romana. Definito nell'Iliade figlio della dea Afrodite e del mortale Anchise -discendente quest'ultimo di Dardano, figlio di Zeus- e imparentato con Priamo, Enea nacque sul monte Ida, dove visse da pastore fino allo sbarco dei greci nella Troade, evento che lo portò ad armarsi per difendere la sua città. Valorosissimo guerriero, godeva della protezione divina: Poseidone lo salvò da Achille durante un duello e predisse il destino regale della sua famiglia mentre Afrodite e Apollo lo sottrassero, ferito, a Diomede. L'esistenza di una città chiamata AINEIA, sulla costa macedone, diede il via alla tradizione che narra del viaggio verso occidente del pio Enea in fuga da Troia in fiamme con il padre Anchise, il figlio Ascanio, la moglie Creusa e le immagini degli dei familiari. Stesicoro, poeta greco vissuto tra il VII e il VI secolo a. C., gli attribuì la fondazione del tempio di Afrodite nell'Italia meridionale e della città di Segesta in Sicilia. Lo storico greco Ellanico di Mitilene (V secolo a. C.) collegò il suo viaggio verso ovest alla creazione di Roma, contrastando così il mito esiodeo secondo cui il Lazio fu civilizzato dai figli di Ulisse e Circe, Agio e Latino. Un altro storico, Timeo (IV-III secolo a. C.), e il poeta latino Nevio (III secolo a. C.) arricchirono ulteriormente le vicende dell'eroe, inserendo episodi pseudo-storici, quali la visita a Cartagine e l'infelice amore con Didone, la lotta contro Latino e il matrimonio con Lavinia, la guerra contro Turno, re dei rutuli, e contro Mesenzio e l'assunzione in cielo. Caratteristico è il fatto che negli autori greci, tra cui Antenore, Enea si configuri come il traditore della casa di Priamo, motivo per il quale viene risparmiato dai nemici, mentre negli autori latini impersoni il guerriero pio e valoroso che ha il favore degli dei e il rispetto dei nemici e si oppone a una guerra ingiusta. Tutte queste tradizioni si unirono e si completarono, nel I secolo a. C., in quella che è l'opera per eccellenza tra quelle dedicate a Enea, l'"Eneide", capolavoro scritto da Virgilio per glorificare l'impero, la pace di Roma e l'origine divina della GENS IULIA, cui apparteneva l'imperatore Augusto. Nel poema l'eroe divenne l'intransigente esecutore degli ordini divini e lo strumento docile del fato, sempre in lotta tra il proprio senso religioso e la personale volontà. All'inizio dell'era cristiana, la sua figura fu rivestita di significato allegorico e divenne il simbolo della vicenda terrena dell'uomo, come narrarono Avieno (IV secolo d. C.) e Fulgenzio (V secolo d. C.), mentre secoli successivi vestì i panni dell'eroe cavalleresco, entrando anacronisticamente nel mondo cortese e nella tradizione poetica italiana a esso legata.