ABBAZIA DI SAN MICHELE DELLA CHIUSA:
Sorge sul Monte Pirchiriano, nella valle di Susa. Il monaco Guglielmo ne fece risalire la fondazione al 966 ma la data è incerta, soprattutto se si considera la minaccia incombente rappresentata dai Saraceni, per cui risulta da escludere la fondazione di una nuova abbazia in quel periodo. Ebbe origine ai tempi del pontificato di papa Silvestro II, durante il vescovato di Amizone e l'impero di Ottone III: è il periodo compreso tra il 999 e il 1002; la sua realizzazione fu resa possibile dalla donazione di terreni da parte di uno degli Arduinici, forse Arduino Glabrione, morto verso il 975; in quell'occasione, in realtà, si avviò un ampliamento delle cappellette preesistenti, piuttosto che la fondazione vera e propria. Liberata da poco dai Saraceni, sullo scorcio del X secolo la valle è percorsa da una rinascita spirituale: la Chiesa non ha del tutto abbandonato la zona e l'affermazione del fenomeno eremitico è testimoniata anche dai toponimi. Sul monte Caprasio, in particolare, vivono nuclei eremitici che con la loro presenza attiva favoriscono la fondazione del monastero torinese dei santi Solutore, Avventore e Ottavio. Forse agli stessi eremiti del Caprasio, che vi abitano in cellette e caverne naturali, è da attribuire il risveglio religioso di tutta la valle. Fra questi ne vanno ricordati due, in particolar modo: Leone e Giovanni Vincenzo, forse discepoli di San Romualdo. Al secondo, divenuto santo, si fa risalire la fondazione della Sacra o quanto meno a lui si attribuisce il desiderio di trasferire sul Pirchiriano un nucleo di eremiti del Caprasio. Egli iniziò in zona la vita eremitica camaldolese, per tornare poi ancora a Celle, sul monte di fronte, il Caprasio, dove morì nell'anno 1000. Noto da tempo, il luogo fu con ogni probabilità un distaccamento militare che i Romani vi posero a guardia della strada delle Gallie; ai Bizantini si attribuisce il culto in onore di San Michele e forse a loro è dovuta anche l'erezione di una modesta edicola in onore del santo, che per alcuni è, invece, opera dei Longobardi. Abbandonata o distrutta del tutto durante il periodo di occupazione saracena, la cappella sarebbe stata ricostruita o ristrutturata dall'eremita Giovanni Vincenzo, la cui fama di santità attirò numerosi fedeli e offerte in favore della chiesetta, finché non si ritenne opportuno ampliarla: si iniziò, così, la costruzione di una terza versione. La fondazione vera e propria della Sacra è da ricercare nell'intervento di Ugo di Montboisser, barone di Alvernia (detto "lo Sdrucito" o "Scucito", forse a causa della sua prodigalità), morto verso il 1046, avo di Pietro di Montboisser, abate di Cluny e amico di San Bernardo. Verso l'XI secolo questi si reca a Roma per rendere onore al conterraneo Gerberto d'Aurillac, papa Silvestro, oppure (dando credito alla tradizione), per espiare le proprie colpe: è, infatti, accompagnato da Isengarda, con cui vive "more uxorio". Di ritorno da Roma, fermatosi a Susa presso un vecchio amico, già raggiunto dalla fama del fervore religioso degli eremiti del Pirchiriano, si conferma nell'intenzione di erigere un'abbazia sul quel monte e, incontrato il monaco Averto, suo conterraneo, abate di Lézat, gli chiede di trasformare l'originaria chiesetta di Giovanni Vincenzo in un edificio di più vaste dimensioni. Ugo affidò la direzione del primo nucleo monastico ad Averto (che coordinava cinque benedettini), abate di un'abbazia della diocesi di Tolosa, sottoposto all'influenza di Cluny e protetto da Roma. La gestione dell'abbazia fu tenuta da ventisette abati monaci, cui seguirono ventisei commendatari. Lungo tutto il secolo XI l'incardinamento dei monaci e la scelta degli abati si sarebbero conservati in ambiente francese. Non mancarono avversità e assalti all'edificio e all'organizzazione: già nel 1076 il vescovo di Torino Cuniberto scacciò dall'abbazia il santo abate Benedetto II e i suoi monaci. Il periodo migliore fu quello compreso tra la fondazione e la metà del 1200; seguì mezzo secolo di decadenza; una ripresa si sarebbe avuta dal 1300 al 1360, sotto il governo degli abati Guglielmo III di Savoia, Rodolfo di Mombello, Ugone di Marbosco ma sotto l'abate Rodolfo di Mombello (1325-1359) non mancarono le devastazioni causate da un grave incendio e saccheggi ad opera delle bande inglesi dell'avventuriero Guglielmo Bosons, inviate da Filippo d'Acaia. Il conte verde, Amedeo VI, ottenne da Papa Urbano VI che vi fosse istituita la commenda, per porre rimedio ai gravissimi disordini dell'abate Pietro di Fongeret. Tra il 1381 e il 1622 i monaci furono governati da priori, mentre gli abati commendatari, lontani dall'abbazia, ne godevano le rendite; nel 1622, uno di loro, il cardinale Maurizio di Savoia, convinse Papa Gregorio XV a sopprimere l'abbazia, occupata ormai soltanto da tre monaci, uno dei quali cieco. La gestione passò, così, alla collegiata dei canonici di Giaveno, opportunamente creata. Intanto le guerre tra Francia e Spagna fecero dell'abbazia un baluardo conteso, che nel 1629 fu in parte distrutto dai francesi di Richelieu; analoga sorte fu subita per opera delle truppe del Catinat, nel 1693, e ancora i francesi, nel 1706, ridussero l'abbazia nuova in rovine; le costruzioni adiacenti la "porta di ferro" costituivano, fin dal secolo XII, uno sbarramento difensivo, vigilato a turno dagli uomini del feudo abbaziale. Ai monaci dei primi tempi furono sufficienti poche cellette; soltanto più tardi, con il propagarsi della fama del cenobio, si sarebbe resa necessaria la costruzione di edifici più ampi e di una quarta chiesa, che sarebbe stata eretta sotto il governo di Benedetto I, responsabile dell'abbazia dal 1002 al 1045. Numerosi ed estesi furono i possedimenti dell'abbazia, che si trovavano in Francia e Spagna, in Savoia e in Piemonte, in Lombardia e nelle Puglie, con dominio feudale sulla bassa val di Susa e sulla Valsangone. Ancora nel 1697 la Sacra aveva diritti spirituali, amministrativi, civili e penali su 176 territori. Dell'antica chiesa è rimasto ben poco: venne abbattuta quasi completamente per lasciare posto a una quinta chiesa, quella attuale, iniziata dall'abate Stefano (1148-1170).