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SIBILLA

Approfondimento

Approfondimento: SIBILLA

Nome usato nell'antichità classica per indicare donne veggenti dotate di facoltà profetiche. Spesso presentate come creature semi-divine dalla vita lunghissima, erano ritenute in comunicazione con la divinità, in particolare con Apollo o Dioniso, dio degli oracoli, da cui erano invasate e ispirate; sotto l'effetto della possessione divina, scrivevano i loro responsi e vaticini su foglie che poi il vento disperdeva a caso, così da renderne difficile l'interpretazione. Una leggenda tramanda che sarebbe esistita un'unica sibilla, quella eritrea (chiamata così dall'oracolo di Eritre in Asia Minore), che aveva ottenuto da Apollo l'immortalità e compariva in tempi e luoghi diversi con nomi differenti. Delle circa venti sibille conosciute è da ricordare, oltre la sibilla delfica, quella cumana, custode del tempio dedicato ad Apollo a Cuma e del lago d'Averno. Secondo la tradizione romana, la sibilla cumana vendette al re Tarquinio Prisco o al re Tarquinio il Superbo i famosi "Libri sibillini" di Apollo, tre libri profetici scritti in lingua greca in uno stile volutamente oscuro, che contenevano i preziosi vaticini delle sibille sul destino di Roma e che venivano usati nella religione pubblica romana. Nell'"Eneide" di Virgilio la sibilla cumana, chiamata Deifobe, non ha solo la funzione di veggente ma anche di guida di Enea nell'oltretomba, di cui spiega i misteri; il poeta latino fa anche un accenno al suo famoso antro a Cuma. Nei primi secoli del Cristianesimo i seguaci della nuova religione assimilarono le sibille ai profeti ebraici dell'Antico Testamento e attribuirono loro profezie sull'avvento del Cristo.

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