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MARCHESI DI SALUZZO

Approfondimento

Approfondimento: MARCHESI DI SALUZZO

Famiglia aleramica discendente da Bonifacio I del Vasto, marchese di Savona, occupò, oltre a Saluzzo, un territorio comprendente la zona tra il Monviso, la Stura di Demonte e il comitato di Bredolo. I domini del marchesato coincidevano, all'incirca, con quelli che Manfredi ebbe in eredità alla morte del padre, Bonifacio del Vasto, agli inizi del XII secolo. Da allora in poi la storia di Saluzzo sarebbe stata legata indissolubilmente a quella dell'omonimo marchesato. Sin dagli inizi i Saluzzo furono in contrasto con i territori limitrofi e la loro affermazione fu avversata dalle mire espansionistiche dei Savoia, che dal XIII secolo acquisirono maggiore forza: i Saluzzo erano vassalli dei Savoia per alcune terre di confine sin dal XIII secolo (Barge, Bernezzo, Fontanile, Roncaglia). Ciò impedì alla famiglia di avere una organizzazione signoriale solida, anche se solo localmente, se si esclude, in parte, il periodo di Tommaso I. La convulsa vita politica locale, gli interessi contrastanti dei territori loro sottoposti, il loro ancoraggio a un potere di tipo agrario non consentirono ai Saluzzo di dominare con facilità il quadro socio-politico circostante. Se dal punto di vista economico seppero garantire floridità permanente e dal punto di vista culturale furono in grado di imprimere un aspetto di superiorità ai loro domini, la loro potenza, derivante soprattutto dal possesso terriero, fu essenzialmente quella di "domini loci". Ciò fu favorito anche dall'esistenza di numerosi insediamenti religiosi, stimolati dal favore dall'autorità temporale, che presero ad agire come strutture amministrative, produttive e di mercato, dando impulso allo sviluppo economico della zona, incentrato su una fiorente agricoltura specializzata. Il componente più rappresentativo della famiglia fu Tommaso I (1244-1296), che riuscì a estendere i confini del marchesato e a renderli stabili: con lui, infatti, il territorio si ingrandì fino a raggiungere i confini naturali delle Valli della Stura di Demonte e dei suoi affluenti; l'influenza del marchesato, poi, si estese fino a Dogliani, per ottenere nel 1281 la dedizione di Busca e nel 1282 quella di Cuneo. In quel secolo XIII nel corso del quale in Piemonte si assistette all'ascesa e alla fine degli Svevi, all'assestamento dei comuni e alla costituzione delle prime forme di dominio signoriale, Tommaso conferì un'organizzazione proto-signoriale al suo territorio che pure, ai suoi confini, aveva gli Angioini e il comune di Asti in continua pressione. Le strutture signoriali del tempo, però, esigevano una politica meno "feudale", così i suoi discendenti non furono in grado di continuare il suo lavoro di consolidamento del territorio, anche per una inferiore capacità. La sua morte segna anche la fine del predominio dei marchesi su un territorio: ormai andavano affermandosi gli ordinamenti comunali e Saluzzo nel 1299 avrebbe avuto statuti propri che, per quanto sottoposti al consenso più o meno esplicito di un'autorità signoriale, costituivano un passo verso un'evoluzione irrevocabile. La situazione che ereditò Manfredi IV (1296-1340) quando divenne marchese si presentava difficile e complessa, dal punto di vista politico-territoriale. Verso la fine del XIII secolo nacquero i comuni di Piossasco, Scalenghe e Castagnole, che erano stati fonte di tensione per il consortile signorile di Piossasco, vincolato ai Saluzzo da legami di omaggio feudale; ne erano sorti attriti con Matteo Visconti, capitano della marca monferrina e tutore di Giovanni I del Monferrato, che si sentiva in diritto di affermare il proprio dominio pieno sul Monferrato. A tali pretese Manfredi IV reagì riconoscendo gli statuti nel 1299 e affrancando gli abitanti di Saluzzo da vari obblighi signorili, fra i quali il diritto di successione, gli obblighi militari, il diritto di macello. In seguito alla morte di Manfredi ancora più instabile si rivelò la situazione del marchesato, a causa dei dissapori tra i figli, Federico e Manfredi, che favorirono le mire di Amedeo di Savoia, intervenuto per porre fine ai contrasti. Fu lui a designare come legittimo erede il primogenito Federico, nel 1344, con una manovra che gli consentiva di entrare nel merito delle questioni del marchesato, come dimostrò l'atto d'omaggio che Tommaso III (1396-1416) e Amedeo VIII si sentirono in dovere di prestargli. I territori del marchesato, però, suscitavano anche l'interesse del Delfino di Francia, Carlo VII, cui Ludovico I di Saluzzo (1416-1476) si sentì in dovere di estendere l'omaggio: l'affermazione della casata veniva così definitivamente compromessa. Nel 1548, infatti, alla morte del marchese Gabriele, questa si estinse. Diverse furono le cause determinanti la decadenza della casata: la posizione del saluzzese in un luogo di passaggio per la Francia meridionale, che fu all'origine di numerose guerre; le questioni dinastiche troppo frequenti; una posizione non sempre chiara dei governanti in merito alle alleanze da stringere; la scarsa capacità di prendere una posizione decisa nella politica subalpina e nei confronti dei Savoia, i Savoia-Acaia, gli astigiani, gli Angioini, i marchesi del Monferrato. Man mano che trascorrevano i 425 anni della sua esistenza, il marchesato perdeva parte dei suoi territori, passando dai più di duecento castelli e mandamenti del marchesato di Tommaso I ai circa sessanta centri autonomi, divenuti comune, del XVI secolo. Già nella seconda metà del Trecento territori dell'alta Val Varaita erano stati acquisiti dal Delfinato, così chiudendo le terre di Saluzzo nella zona occidentale; tra il Quattrocento e il Cinquecento Racconigi, Fossano, Cuneo, Savigliano, Mondovì si trovavano sotto il dominio dei Savoia; nel Quattrocento la zona più piccola del marchesato, lungo la valle del Tanaro, si trovò oltre la Stura di Demonte, separata morfologicamente dal resto. La fine del medioevo, dunque, vedeva il marchesato circondato da vicini troppo potenti: i duchi di Savoia, cui furono costretti a giurare fedeltà dai tempi di Amedeo VIII in poi; i Delfini e, di conseguenza, i re di Francia e i Monferrato, la cui investitura risultava necessaria per i territori della Valle del Tanaro.

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