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MANZONI ALESSANDRO

Approfondimento

Approfondimento: MANZONI ALESSANDRO

Nato a Milano nel 1785, dove morì nel 1873, è il maggiore interprete e protagonista del romanticismo italiano. Il padre, Pietro, aveva nobili natali; la madre, Giulia, era nata da Cesare Beccaria. Compiuti gli studi in istituti di religiosi, a Merate, a Lugano ed in seguito a Milano, ebbe tuttavia una formazione di tipo razionalistico ed illuministico, anticlericale e antitirannico. Risale alla sua giovinezza un poemetto di impostazione montiana, il 'Trionfo della libertà', ove si condannano la superstizione cattolica ed il dispotismo, mentre si inneggia alla libertà, che il mondo deve alla Rivoluzione. In seguito alla lettura delle opere del Parini, dell'Alfieri e del Foscolo, la sua scrittura divenne socialmente impegnata. Alla morte dell'Imbonati, convivente della madre, il poeta si era recato in Francia con la madre stessa. Fra i più importanti del periodo giovanile, risultano proprio i versi composti a Parigi 'In morte di Carlo Imbonati'. Al matrimonio con la calvinista Enrichetta Blondel fa seguito un travaglio spirituale che porta il poeta al deismo ed al razionalismo illuministico, prima, e quindi nuovamente alla fede cattolica. Alla conversione, databile al 1810, seguono gli 'Inni sacri' e le tragedie: 'Il Conte di Carmagnola' e l'"Adelchi", cui si aggiungono le odi politiche 'Marzo 1821' e 'Il cinque maggio'. Il periodo dal '21 al '23 vede la prima impostazione del capolavoro, il romanzo 'I promessi sposi', che avrebbero avuto pubblicazione tra il '25 ed il '27 e che incominciano un nuovo capitolo della prosa letteraria nazionale. Delle sue opere fanno parte anche gli Scritti morali e storici, le Lettere, la lirica patriottica e gli scritti linguistici. Dal 1827 la sua attività letteraria si limitò alla correzione del romanzo (la cui edizione definitiva risale al '41), oltre che, in misura minore, alla stesura di opere di riflessione (storica, linguistica e filosofica). Nella vita privata fu vittima di una serie di lutti: dovette assistere alla morte della prima moglie e di sei degli otto figli da lei avuti. Neanche la nomina a senatore a vita del Regno d'Italia (risalente al 1861) servì a farlo uscire dalla sua vita appartata.

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