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GUERRA DI SUCCESSIONE SPAGNOLA

Approfondimento

Approfondimento: GUERRA DI SUCCESSIONE SPAGNOLA

Iniziata nel 1702 e terminata con la pace dell'Aia del 1720, fu causata dalla morte senza eredi del re di Spagna, Carlo II d'Asburgo, avvenuta nel 1700. Già nell'ultimo scorcio della vita del sovrano si era posta la questione dell'eredità, essendo il re malato cronico e privo di eredi diretti. I sovrani europei, in vista di una sua morte imminente, pensarono di stipulare fra loro due successivi trattati di spartizione, che consideravano la necessità di mantenere l'equilibrio europeo e dunque la pace e che tenevano conto delle parentele di Carlo II con gli Asburgo d'Austria e con i Borbone di Francia: il sovrano era, infatti, fratello delle consorti di Luigi XIV di Francia e di Leopoldo I d'Austria. Malgrado gli intrighi e i finanziamenti da parte delle corti di Francia e Austria, il re, sul punto di morire, firmò il suo testamento in favore di Filippo (V), nipote di Luigi XIV, che risultava subordinato a due condizioni: l'impossibilità di riunire le corone di Francia e Spagna e il rispetto del principio dell'indivisibilità dei suoi territori. Morto nel novembre del 1700 il re Carlo, Luigi XIV presentò alla corte di Versailles il nipote abiatico come re di Spagna e tenne un comportamento che fece temere agli altri sovrani europei che la casa Borbone avrebbe tratto eccessivo vantaggio dall'incremento di potenza così ottenuto, ad esempio riprendendo in pieno il programma di egemonia, più volte tentato in maniera fallimentare alla fine del Seicento. Per cui, benché gli Spagnoli avessero accolto benevolmente Filippo V a Madrid, i sovrani d'Europa costituivano la Grande Alleanza dell'Aia, capeggiata dall'Inghilterra, cui prendevano parte l'Olanda, l'Impero asburgico e il Brandeburgo (il cui principe, per l'occasione, ottenne il titolo di re di Prussia). L'Alleanza aveva il suo pretendente al trono in Carlo d'Asburgo, il secondogenito di Leopoldo I, imperatore d'Austria. Agli inizi il Portogallo e il duca di Savoia Vittorio Amedeo II si schierarono in favore di Luigi XIV e Filippo V ma ben presto cambiarono orientamento: in particolare il Portogallo, che da allora in poi sarebbe rimasto nell'orbita economico-politica dell'Inghilterra. Già provata dalle lunghe guerre precedenti, dopo qualche successo iniziale la Francia cominciò a registrare insuccessi, anche perché la coalizione era spalleggiata dai calvinisti, osteggiati e perseguitati dal Re Sole: la ribellione dei cosiddetti Camisardi, i calvinisti delle Cevenne, durò dal 1702 al 1710 e un calvinista esule in Olanda, il Jurieu, contribuì a costituire una rete di spionaggio con gli Inglesi. Anche le condizioni meteorologiche dell'inverno compreso tra il 1708 e il 1709 contribuirono a fiaccare i francesi; il sovrano tentò, dunque, di intavolare trattative di pace che alla coalizione non bastarono: la richiesta era che prendesse le armi contro il nipote Filippo. Non volendo cedere al ricatto, Luigi XIV dovette raccogliere le forze superstiti della nazione, che fra il 1710 e il 1712 riuscì a conseguire qualche vittoria; ai fini della conclusione del conflitto, determinante risultò la morte (nel 1711) di Giuseppe I, primogenito di Leopoldo, succedutogli nel 1705. Avendo il fratello Carlo VI ottenuto la corona imperiale, la grande alleanza preferì rinunciare ad appoggiarlo, per evitare che si riproponesse la situazione egemonica già verificatasi con Carlo V. Per questo si pervenne alle paci di Utrecht (1713) e di Rastadt (1714), che confermavano il primato inglese sui mari e sancivano la ripresa degli Asburgo d'Austria, l'ascesa della Prussia, il regresso della Spagna, il parziale insuccesso della Francia e che mutavano l'assetto territoriale italiano in senso positivo. Rinunciando a ogni diritto di successione sul trono francese e cedendo Gibilterra e Minorca all'Inghilterra, Filippo V di Borbone veniva riconosciuto come legittimo re di Spagna; egli dovette accettare anche che l'Austria si appropriasse di Paesi Bassi spagnoli, Sardegna, Napoletano, Stato dei Presidi e Milanese, cioè di tutti i domini italiani, eccettuata la Sicilia che, insieme al titolo regio, toccava a Vittorio Amedeo II. All'Inghilterra la Spagna doveva concedere il monopolio della deportazione degli schiavi, dall'Africa alle colonie spagnole d'America (detto: asiento), e il diritto di inviare annualmente sugli stessi mercati una nave carica di merci inglesi (il vascello di permissione). Fu questa una breccia aperta nel sistema monopolistico spagnolo dalla quale sarebbe passato un nutrito contrabbando. Anche per la Francia sul piano coloniale, che era già divenuto importantissimo, le concessioni erano risultate penalizzanti: dovette accettare di cedere all'Inghilterra Terranova e l'Acadia, chiavi del fiume S. Lorenzo. Alla conferma del titolo di re di Prussia, già riconosciuto al padre, Federico Guglielmo I di Hohenzollern aggiungeva il dominio sulla Gheldria (che lo rendeva più forte nella zona renana), sommato al ducato di Kleve. L'Italia trasse enormi vantaggi dal rinnovamento dell'assetto politico: la fine della dominazione spagnola segnò l'inizio di un'amministrazione più corretta e dinamica, specie nel Milanese. Dopo qualche anno la situazione mutò, in parte, in seguito a un tentativo di rivincita da parte di Filippo, assecondato dal ministro Alberoni: nel 1717 improvvisamente attaccarono la Sardegna, per un recupero militare della zona e, l'anno seguente, la Sicilia. A una triplice alleanza anglo-franco-olandese, costituitasi per l'occasione, si alleò anche l'Austria, al termine della guerra contro i Turchi, che la tenne impegnata fino alla stipula del trattato di Passarowitz. Posto di fronte a una coalizione schiacciante, Filippo V fu costretto a firmare la pace dell'Aia, con cui rinunciava definitivamente alle mire sui domini d'Italia, un tempo sottoposti alla Spagna. Di conseguenza a Vittorio Amedeo II fu imposto il cambio fra Sicilia e Sardegna: la prima passava all'Austria; la seconda, benché molto più povera e arretrata, risultava più facilmente controllabile dalle basi continentali dei Savoia, che da allora assunsero il titolo di Re di Sardegna, rimasto immutato fino al 1861.

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