Michele Pasquale

Chiesa di Santa Maria di Costantinopoli, esterno

Ripercorrere la storia che ha portato alla costruzione dell’attuale chiesa di santa Maria di Costantinopoli significa addentrarsi in un complesso insieme di date e di testimonianze. Tradizionalmente si fanno risalire al XIV secolo le più antiche attestazioni legate al culto della Madonna di Costantinopoli a Pietracatella. Si tratta, nello specifico, di una modesta cappella rurale, dedicata alla Vergine Maria, ubicata, verosimilmente, nella località attualmente denominata “chiesa rotta”, nelle vicinanze dell’attuale camposanto. La cappella accoglieva al suo interno la venerata immagine della Madonna col Bambino, un’opera in legno policromato risalente alla fine del 1300. Fino al 1606, di questa cappella non si hanno notizie certe. È datata a questo momento, infatti, la piccola campana che si presume appartenesse a questo luogo di culto, dono di Giovan Francesco Ceva Grimaldi (1559-1618), primo marchese di Pietracatella, che in questo stesso anno ne consegue il titolo. Bisogna giungere al 1690 per trovare ulteriori tracce di questo edificio sacro, ovvero all’epoca della prima visita pastorale, nel nostro paese, del cardinale Vincenzo Maria Orsini, arcivescovo di Benevento, poi papa con il nome di Benedetto XIII. Su disposizione dell’Arcivescovo beneventano la chiesa col romitorio, trovandosi ridotti in pessimo stato, sebbene di molta devozione del popolo, vengono adibiti ad usi profani e la statua della Madonna viene trasferita nella chiesa di San Rocco, costruita a metà del XVII secolo dall’Università, nei pressi del centro abitato. Nel 1705, la chiesa di San Rocco prende il nome di Santa Maria di Costantinopoli per volere dello stesso Orsini, il quale, dopo aver ordinato interventi di rifacimento e di ampliamento dell’edificio, presiede, il 29 luglio del 1713, alla solenne consacrazione della chiesa. La cappella, quasi completamente riedificata in quegli anni, nel 1836 è ancora oggetto di opere di restauro dovute probabilmente alla vetustà della costruzione. A proseguire i lavori in questione, che sembrerebbero essere iniziati già tempo prima di quella data, è il locale mastro fabbricatore Agnello Rea, il quale si fa promotore della ricostruzione della cappeluccia crollata. Qualche anno più tardi, precisamente nel 1853, lo stato di pericolo che incombe sulla struttura delle volte, interessata da continui rifacimenti, porta il Direttivo della Confraternita alla redazione di un nuovo progetto per l’edificazione ex novo della chiesa. La nuova chiesa, così come la si vede tuttora, viene portata a termine, nel giro di un decennio, dal mastro fabbricatore pescolano Andrea Minchillo (1842-1912). La pianta è a tre navate, delle quali quella centrale terminante con abside poligonale. Le pareti absidali accolgono: nel dossale la statua della Madonna di Costantinopoli, opera lignea portata a termine nel 1695 da Giacomo Colombo, e nelle nicchie i simulacri di san Luigi Gonzaga, san Vincenzo De Paoli, san Filippo Neri e san Gaetano da Thiene. L’interno della chiesa presenta, oltre all’altare maggiore in marmi policromi caratterizzato da due figure di cherubini ai capoaltare, altri sei altari minori dedicati rispettivamente a Santa Filomena, a San Rocco, a Sant’Antonio di Padova e alla Madonna del Rosario (navata di sinistra), alla Madonna Incoronata, a Santa Lucia, alla Madonna del Carmine e a Santa Rita (navata di destra); chiude l’ultima arcata un pregevole Crocifisso ligneo. Questi altari, in stucco bel lavorati, tranne per quelli eretti nel XX secolo, sono attribuiti all’opera collaborativa tra Pietro Carmine De Francesco (1859- 1934) e i fratelli Pasquale e Giuseppe Fagnani, stuccatori e plasticatori provenienti da Pescopennataro (Is). La cantoria, posta in controfacciata, presenta un antico organo settecentesco a canne, realizzato a Napoli da Gennaro Severino. La facciata a salienti, in blocchi di pietra locale, viene innalzata nel 1874 ad opera di Domenico Minchillo (1824-1874); il campanile, non ancora ultimato a questa data, viene completato nel 1939 dal muratore pietracatellese Donato Spallone. Terminati i lavori, la chiesa viene consacrata dal cardinale Camillo Siciliano di Rende, arcivescovo di Benevento, il 23 maggio del 1893. Nel 2000, in occasione del grande Giubileo, i finestroni della facciata sono stati arricchiti da vetrate artistiche.