Monumento a Michele Morelli-Piazza Majo

Chi è Michele Morelli. Patriota vibonese, insieme a Giuseppe Silvati fu protagonista dei moti napoletani del 1820. Morelli e Silvati, militari dell'esercito borbonico, dal presidio di Nola capeggiarono una rivolta dei cadetti democratici e liberali per richiedere una carta costituzionale. Dopo un paio di mesi, re Ferdinando revocò la costituzione e ordinò di catturare tutti i cospiratori. Morelli e Silvati, dopo un lungo peregrinare, si divisero e Morelli tornò in Italia. Catturato, fu portato in catene a Foggia e quindi a Napoli, dove l’11 agosto fu rinchiuso nel Forte dell’Ovo. Durante la prigionia incontrò di nuovo Silvati, catturato come lui giorni prima. Il processo iniziò nel maggio 1822, presso la Gran Corte Speciale di Napoli Morelli e Silvati furono accusati di “misfatto di cospirazione” e condannati a morte; furono impiccati il 12 settembre 1822 continuando a giurare fedeltà ai loro principi democratici e costituzionali. Il corpo di Morelli, che aveva rifiutato i conforti religiosi, fu gettato in una fossa di calce viva. Il Monumento L’opera è stata realizzata in acciaio e gesso d'alabastro, fusa in bronzo cavo a cera persa; pesa circa cinque tonnellate e ha un'altezza di m. 3,40. Si trova nell'antica piazza Majo e fu inaugurata nel 1993 alla presenza del Presidente del Senato Giovanni Spadolini, uno dei massimi studiosi della storia del Risorgimento. Il monumento è stato realizzato dallo scultore di Villa San Giovanni Maurizio Carnevali. Ecco come lo stesso artista descrive la sua opera: “Michele Morelli appare con altre persone avvinghiate alla sua figura. Il Pathos di corpi sopravvissuti alla battaglia e la volontà di portare ancora in alto la bandiera si configurano nel ritmo ascensionale dei personaggi, che a partire dalla figura posta più in basso, si fa sempre più aperto e più deciso verso l'apice. La Bandiera è in questo caso l'artificio plastico attraverso il quale ho voluto esprimere il senso dello sforzo unanime di uomini che accomunati dallo stesso ideale riescono a costruire la dignità della stessa specie. Alle spalle del gruppo, quasi un monito: la nostra donna calabrese, tanto spesso madre di figli uccisi da una assurda quanto odiosa guerra mai dichiarata, accanto, una creatura che piange nella sua nudità disperata forse per fame , forse per la paura. Non ho voluto indugiare in eccessive descrizioni antomiche e di particolari, convinto che l'essenzialità formale conferisca all'opera maggiore efficacia.”(da SPQVIBO e da La rivoluzione generosa e innocente di Michele Morelli" di M. Bonanno ed. Il Cristallo)