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ANNIBALE

Approfondimento

Approfondimento: ANNIBALE

Stratega cartaginese, nato nel 247 a. C. da nobile e ricca famiglia, figlio di Amilcare, soprannominato Barca, cioè "folgore", per le sue qualità militari. A nove anni seguì il padre inviato a conquistare la Spagna; rimasto presto orfano, partecipò, a fianco del generale Asdrubale, alle operazioni belliche in Spagna e alla morte di questi, nel 221 a. C., l'esercito lo elesse stratega, vale a dire comandante supremo. La politica espansionista dei cartaginesi in Spagna preoccupò non poco Roma e la presa della città di Sagunto, che era sotto la sua protezione, diede inizio alla lunga e sanguinosa seconda guerra punica (219-202 a. C.). Annibale concepì l'audace piano di assalire direttamente l'Italia e così, nel 218 a. C., alla testa di 90.000 fanti, 12.000 cavalieri e 40 elefanti, si mise in marcia attraversando i Pirenei e la Gallia meridionale per giungere a valicare le Alpi, forse attraverso il passo del Moncenisio o quello del Piccolo San Bernardo. Giunto nella pianura padana, tra scaramucce, presidi lasciatisi alle spalle e defezioni di alleati e mercenari, del suo esercito non restavano più di 20.000 fanti, 6.000 cavalieri e circa 30 elefanti. Annibale cercò quindi di far sollevare contro Roma le tribù galliche che si erano stanziate lungo il corso del fiume Po, ottenendo tuttavia risultati inferiori alle sue aspettative. I primi scontri con le legioni romane, comandate dai consoli Publio Cornelio Scipione e Tiberio Sempronio, avvennero sui fiumi Ticino e Trebbia, nel 218 a. C.: da questi confronti militari le truppe cartaginesi uscirono vittoriose –grazie al genio militare di Annibale, all'impeto della cavalleria numidica e all'uso degli elefanti– mentre Roma perse tutta la Gallia Cisalpina. Valicato l'Appennino, il condottiero devastò l'Etruria e proseguì il suo cammino sfuggendo all'appostamento dell'esercito del console Caio Flaminio che, nel tentativo di inseguirlo, si trovò circondato dall'esercito cartaginese tra il lago Trasimeno e i monti di Cortona, subendo una gravissima disfatta e rimanendo ucciso (maggio 217 a. C.). Annibale si diresse, quindi, verso il Piceno e la costa adriatica, giungendo in Puglia. Qui, presso il villaggio di Canne, colse la sua vittoria più grande, distruggendo l'esercito di Roma, guidato dai consoli Lucio Emilio Paolo e Gaio Terenzio Varrone (2 agosto 216 a. C.). Tuttavia il generale cartaginese non osò assalire direttamente Roma, cui diede modo di riorganizzarsi e dare inizio a una lunga guerra di logoramento; acquartieratosi in Campania, si trattenne a Capua, che nel frattempo era passata dalla sua parte. Nonostante l'alleanza stretta da Annibale con Siracusa e con Filippo V re di Macedonia, nel 213 a. C. i romani riconquistarono la città campana, isolando sempre più il condottiero cartaginese, che, a corto di truppe fresche scelte e fidate, poco dopo fu costretto ad abbandonare anche Taranto. Dopo lunghi anni di guerra, un estremo tentativo del fratello Asdrubale di recargli truppe nuove dalla Spagna fu fermato da otto legioni romane tra Fano e Fossombrone, sulla riva sinistra dei fiume Metauro, nel 207 a. C. Quattro anni dopo Annibale fu richiamato a Cartagine per contrastare il nuovo esercito messo in campo da Roma e comandato da Publio Cornelio Scipione, che aveva stretto alleanza col re di Numidia, Massinissa. A Zama, dando fondo alle estreme risorse militari cartaginesi, nell'ottobre del 202 a. C. Annibale venne a battaglia, subendo una grave sconfitta che lo costrinse ad accettare dure condizioni di pace. Eletto suffeta (magistrato) dai cartaginesi nel 196 a. C., attuò una decisa politica d'imposizioni fiscali, promuovendo contemporaneamente l'agricoltura e il commercio onde risollevare Cartagine dalla disastrosa situazione in cui l'avevano ridotta tanti anni di guerra. Tuttavia, a causa dell'inimicizia dei suoi avversari politici, fu costretto a rifugiarsi prima in Siria presso Antioco III, poi in Bitinia presso il re Prusia, del quale divenne consigliere politico e militare. Nel 183 a. C., avendo Roma imposto a Prusia la consegna del cartaginese, per non cadere nelle mani dei romani si uccise. Annibale fu uno dei più grandi condottieri della storia nonché un fine stratega. Come tattico militare utilizzò in modo combinato fanteria e cavalleria fino all'aggiramento e alla distruzione dell'avversario. Esercitò un fortissimo ascendente sulle sue truppe, in gran parte mercenarie, e gli stessi romani, nonostante l'odio, ne dovettero riconoscere e ammirare la grandezza, come traspare dalle opere degli storici Polibio e Livio.

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